di Pietro Spataro Fare luce sul cambiamento climatico è davvero complesso non per l’assenza di informazioni al riguardo ma, al contrario, per la troppa informazione. Potremmo definirla la sfida del 21° secolo, insieme alla lotta alla povertà e alla sicurezza internazionale. Partiamo dal principio: la temperatura della Terra è determinata da un delicato bilancio tra luce solare in arrivo e in uscita dal pianeta. A parte la radiazione UV a maggior energia che viene bloccata da parte dello strato d’ozono, il restante ultravioletto e la luce visibile provenienti dal Sole attraversano senza grossi problemi l’atmosfera. Dell’energia solare, 1/3 viene riflessa verso lo spazio mentre la restante viene assorbita dalla superficie terrestre e dalle acque. Questa verrà poi rilasciata radialmente come onda lunga o infrarosso. Gas atmosferici come anidride carbonica, vapore acqueo e metano, detti comunemente gas serra GHGs (greenhouse gasses), intercettano e bloccano la fuga di queste onde lunghe verso lo spazio. Senza di essi il pianeta sarebbe più freddo di circa 35 gradi, con una temperatura di -10° celsius ai tropici. A partire dalla rivoluzione industriale l’essere umano ha cominciato a bruciare combustibile fossile (carbone, petrolio e gas) per produrre energia. Questo processo libera carbonio in atmosfera sotto forma di anidride carbonica e metano. Aumentano così le concentrazioni di GHGs in atmosfera, l’energia solare intrappolabile e le temperature globali. Vari archivi naturali hanno permesso di ricostruire le variazioni climatiche nel passato geologico e si è visto come negli ultimi 50 milioni di anni il pianeta ha avuto un trend verso condizioni climatiche progressivamente più fredde; potremmo dire che “la Terra non è poi così tanto calda”. Questo processo di raffreddamento ha portato la formazione di calotte glaciali sull’Artico e l’Antartide e lo sviluppo di un permanente strato di ghiaccio marino sull’Oceano Artico. Da qui, studi paleoclimatici hanno dimostrato il legame tra aumento di GHGs in atmosfera e aumento delle temperature e viceversa. Le registrazioni del quantitativo di CO2 in atmosfera sono state effettuate dal 1958 grazie all’osservatorio posto sopra il monte Mauna Loa alle Hawaii. I registri mostrano un costante aumento di anidride carbonica anno dopo anno che a partire dalle 316 parti per milione (ppm) del 1958 ha raggiunto attualmente le 400 ppm. Possiamo poi affermare, grazie allo studio dei registri naturali, come le concentrazioni di anidride carbonica fossero 280 ppm prima della rivoluzione industriale e come il range di stabilità naturale si attesti tra i 180 e i 300 ppm. 80 ppm sono stati fin ora l’ago della bilancia tra un pianeta freddo e un pianeta caldo. Abbiamo quindi già sforato di 100 in poco più di un secolo mentre il pianeta ci avrebbe messo decine di migliaia di anni per farlo. Un paleoclimatologo, Bill Ruddiman, ha recentemente suggerito che l’essere umano ha modificato le quantità di GHGs in atmosfera molto prima della rivoluzione industriale, circa 7000 anni fa, trasformando irrimediabilmente l’equilibrio naturale. Quale supereroe ci può salvare ora? A questo proposito è stata creata la Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, un ente col compito di produrre un accordo internazionale con l’obiettivo di ridurre le emissioni di GHGs. Il lavoro sfortunatamente è a dir poco complicato poiché 4/5 delle emissioni derivano dalla produzione d’energia, trasporti e processi industriali prodotti per lo più dai paesi industrializzati mentre 1/5 deriva dal disboscamento per agricoltura, allevamento e urbanizzazione imputabili ai paesi in via di sviluppo. Le aree verdi infatti sono serbatoi di CO2 e laddove si decide di disboscare si va a limitare tale processo. Incolpare questi paesi ha comunque poco senso pensando al fatto che Nord America ed Europa hanno disboscato allo stesso modo agli inizi del ventesimo secolo. La proiezione dell’Autorità energetica internazionale dice che nell’intervallo temporale tra il 2015 e il 2044 emetteremo mezzo trilione di tonnellate di CO2 in atmosfera, praticamente la stessa quantità che abbiamo emesso dal 1750 al 2015. Questo processo a carattere esponenziale è dato dallo sviluppo di paesi quali Cina, India, Sud Africa, Brasile, ecc… Ma anche se la Cina dal 2007 è il paese che emette di più, sono gli USA, gli Emirati, il Kuwait e il Qatar quelli con le maggiori emissioni pro-capite. Ciò che sarebbe utile comprendere è che i cattivi in questo caso sono i paesi industrializzati, quindi, siamo noi! Immagini tratte da: http://www.limesonline.com/effetto-serra/7736 https://www.esrl.noaa.gov/gmd/ccgg/trends/ https://rainforests.mongabay.com/09-carbon_emissions.htm Potrebbero interessarti anche:
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Ottobre 2022
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