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1/8/2018

Climate policy

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di Pietro Spataro
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​Quando si parla di GW (Global Warming) bisogna qualche volta trattare anche il rognoso argomento della climate policy. Ammettendo a priori che più l’argomento è spinoso e più stuzzica la mia vena da scrupoloso rompiscatole, oggi scrivo basandomi su un illuminante articolo scritto da Roger Pielke Jr. su Issues in Science and Technology.
Partiamo dalle basi: come funziona la politica climatica? Scienziati e politici conclusero tra gli anni '80 e '90 che il problema del Global Warming si sarebbe potuto risolvere mediante la negoziazione di azioni comuni a tutti gli stati del mondo. Questo percorso ha permesso, tra le altre cose, la strutturazione della United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC) nel 1992, la formulazione del Protocollo di Kyoto nel 1997 e dell’Accordo di Parigi nel 2015.
Per giustificare le azioni di politica climatica nacque l’Intergovernment Panel on Climate Change (IPCC) che tra i tanti obiettivi ha anche quello di creare e implementare, anno dopo anno, scenari futuri che mostrano l’effetto del GW sul pianeta con e senza l’adozione delle varie politiche dell’UNFCCC.
La politica climatica si è attualmente prefissata l’obiettivo di non oltrepassare la soglia dei 2 gradi d’aumento globale delle temperature; obiettivo che per molti è già irrealizzabile. In ogni caso, tale obiettivo è stato designato sulla base degli scenari IPCC, scenari che però mutano ampiamente anno dopo anno.
Un fattore implementato all’interno degli scenari solo di recente è chiamato BECCS e si tratta di tecniche e tecnologie di bioenergia che permettono la rimozione dei gas serra presenti in atmosfera. Un altro fattore d’estrema importanza e attualità all’interno degli scenari è detto Decarbonizzazione spontanea e indica il tasso di decarbonizzazione all’interno della produzione di energia che si sviluppa in assenza di politiche di mitigazione climatica e che segue un trend autonomo.
L’assunzione all’interno degli scenari futuri di BECCS e Decarbonizzazione Spontanea porta a un drastico ricalcolo delle risorse in nostro possesso per risolvere il problema, o per meglio dire, restare al di sotto dei 2° di risalita delle temperature.
Un’aggressiva assunzione di questi fattori all’interno degli scenari potrebbe portare alla risoluzione spontanea dei problemi legati dal WG mentre assunzioni meno aggressive potrebbero dimostrare l’insufficienza degli approcci correnti. In questo senso, gli scenari dell’IPCC assumono un valore inestimabile nel giudizio delle attuali politiche climatiche.
Vogliamo poi parlare della correttezza degli scenari stessi? L’IPCC ha prodotto nel tempo 4 diversi scenari, dei quali quello più citato è sicuramente l’RCP 8.5. Questo è lo scenario più spaventoso prodotto dall’IPCC e si basa sull’assunzione di un drammatico ed esponenziale aumento delle emissione durante tutto il XXI secolo. Tale scenario è fortemente sfruttato sia da politici sia da giornalisti e anche gli scienziati ne fanno spesso uso all’interno delle ricerche su riviste importanti come Nature e Science. Dalla loro però, gli scienziati si sono più volte dimostrati consci del fatto che si tratta di uno scenario irrealistico.
Perché svilupparlo e perché parlarne se ne conosciamo a priori l’inesattezza? Forse perché è lo scenario che torna più comodo poiché ci mostra il futuro più pauroso e con il rapporto benefici/costi più alto.
In definitiva sembra esistere una miopia generale all’interno della politica climatica. Risulta indispensabile ridiscutere gli obiettivi con target più “quantitativi” poiché la soglia dei 2° e l’attesa di scenari più scientificamente corretti non sta facendo altro che motivare l’immobilità della politica climatica globale. Dobbiamo poi chiederci se lo sviluppo di scenari futuri e soprattutto di quegli scenari atti a enfatizzare gli effetti del global warming (alla The day after Tomorrow per intenderci) aiutano davvero la comprensione e la risoluzione del problema. In ultima istanza, ha senso studiare i rapporti costi/benefit della politica climatica sulla base di scenari di difficile costruzione e interpretazione? Non potremmo invece sviluppare e calendarizzare politiche con prospettive brevi dell’ordine di uno o pochi anni?

​Immagini tratte da:
L’immagine in copertina è un fumetto del disegnatore Tom Toles

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