di Enrica Manni Procurarsi piccoli tagli accidentali è un evento piuttosto frequente nelle nostre giornate: possiamo tagliarci mentre facciamo la barba, oppure con dei fogli di carta o dei biglietti del treno; può succedere di ferirsi, molto banalmente, mentre si cucina; ma cosa accade esattamente nel nostro corpo nel momento in cui ci facciamo male? Per prima cosa, se il taglio non è molto profondo nei primi secondi non uscirà nulla dalla ferita, perché verrà messa in atto una pronta vasocostrizione per impedire la perdita di sangue, ma questo effetto non durerà molto: dopo i primi secondi il sangue inizierà a uscire ugualmente, quasi come un fiume in piena, e allo stesso tempo i microbi presenti sulla superficie dell’oggetto con cui ci si è procurati la lesione tenderanno, al contrario, ad entrare. Per questo è molto importante disinfettare accuratamente la cute in corrispondenza della lesione, pulire bene la ferita anche avvalendosi, se necessario, di aghi o pinzette sterili. Naturalmente, qualora il taglio fosse troppo profondo/esteso sarebbe opportuno rivolgersi al medico o al pronto soccorso più vicino. Ma il nostro organismo come reagisce a una ferita? Innanzitutto inviando sul luogo della lesione un gran numero di cellule di difesa, in modo tale da arginare sul nascere l’eventuale infezione microbica che potrebbe provenire dall'ingresso dei microrganismi di cui abbiamo precedentemente parlato e poi, ovviamente, cercando di riparare il danno. Il processo emostatico o riparativo serve, appunto, per creare un tappo, si parla infatti di tappo emostatico per arginare la fuoriuscita del sangue mentre l’organismo ripara la lesione, cosa che gli richiederà non poco tempo. Ciò che dà avvio al processo è la lesione vascolare perché, quando questo accade, il sangue verrà a contatto con qualcosa di diverso rispetto all’endotelio vascolare, la parete del vaso con cui è generalmente in contatto. Il processo può essere semplicisticamente diviso in diverse fasi:
Le fasi descritte costituiscono la cosiddetta EMOSTASI PRIMARIA. Questo però non è un buon tappo perché, soprattutto nelle zone caratterizzate da un forte flusso, può andare incontro a disaggregazione. È necessario dunque che alle fasi descritte finora ne segua un’altra, nota come COAGULAZIONE che porta alla costituzione del tappo definitivo mediante la conversione del fibrinogeno in fibrina. Questo è un processo che avviene in tre tappe: la proteolisi che prevede il distacco dalla molecola di fibrinogeno di due piccoli frammenti e la liberazione di due siti di legame corrispondenti a due “sporgenze” presenti sulla stessa molecola; la polimerizzazione spontanea per la quale i diversi monomeri di fibrina, per effetto della creazione di quei siti di legame, tendono a polimerizzare e man mano formano una struttura che si allunga sempre di più; il cross-linking grazie al quale i legami di natura fisica, elettrostatica (e quindi abbastanza deboli) fra le molecole di fibrina vengono rafforzati da legami crociati. A questo punto non uscirà più sangue dalla ferita e quindi l’organismo può cominciare a riparare il tessuto danneggiato. Man mano che il processo riparativo viene svolto adeguatamente, il tappo emostatico deve esser rimosso attraverso l’ultima fase della FIBRINOLISI. Conclusa quella e riparato il vaso tutto torna alla normalità. Immagini tratte da: https://blog.helpling.it/consigli-per-pulire/rimuovere-macchie-colore-rosso/ https://www.centrobasile.it/news.asp?id_news=61
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Ottobre 2022
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