di Enrica Manni L’estate è la stagione del sole, del mare, del caldo, del relax e del divertimento ma non per centinaia di migliaia di studenti universitari, alle prese con la sessione d’esame. Temutissima, specie in questo particolare periodo dell’anno in cui frequentemente si assiste a una progressiva perdita di concentrazione, ad affaticamento cognitivo, segnali, questi, spesso attribuiti alla stanchezza cumulata durante tutto l’anno accademico. Questa teoria è assolutamente ragionevole ma va comunque sottolineato che non è l’unica ragione per cui il rendimento nello studio subisce un inevitabile calo con l’arrivo della bella stagione e del caldo. Le alte temperature, infatti, influiscono sulle prestazioni cognitive e quindi sulle capacità decisionali. Il caldo indebolisce la capacità di prendere decisioni complesse e spinge addirittura il soggetto a rimandarle, al contrario gli ambienti più freschi sembrerebbero portare l’individuo a compiere scelte cruciali con risultati assolutamente entusiasmanti. Il fenomeno sarebbe dovuto al fatto che il caldo provoca un consumo maggiore di risorse energetiche fondamentali come il glucosio, indebolendo le funzioni cognitive. Tuttavia, a quanto pare, ciò che conta non è il valore assoluto della temperatura, ma la sua variazione. Benché l'idea che le nostre decisioni siano influenzate dalla temperatura dell'ambiente possa apparire bizzarra, bisogna ricordare che il cervello è un organo e, come tutti gli altri organi, ha bisogno di energia per funzionare. Che si tratti di atti fisici o mentali, quasi tutto ciò che facciamo usa sempre la stessa fonte di energia: il glucosio. Usiamo il glucosio per camminare, parlare, respirare ed eseguire altre funzioni fisiche della nostra vita quotidiana. Usiamo il glucosio anche per funzioni mentali complesse, come prendere decisioni, esercitare l'autocontrollo, sopprimere le risposte emotive e studiare. Ma il glucosio è una risorsa limitata. Uno dei compiti più importanti del corpo è il mantenimento di una temperatura costante. Quando la temperatura è eccezionalmente alta (nelle regioni equatoriali, ad esempio) o eccezionalmente bassa (come ai poli), bisogna usare energia, in forma di glucosio, per mantenere una temperatura interna salutare. Quindi, quando la temperatura esterna è di gran lunga più elevata rispetto a quella corporea il corpo reagirà principalmente disperdendo calore mediante la sudorazione, mentre quando esternamente si avvertirà una temperatura molto più fredda di quanto non sia definibile nel range della normalità nel nostro organismo avverranno fenomeni di vasocostrizione periferica (per preservare un corretto apporto ematico agli organi interni) cui consegue pallore cutaneo e brividi prolungati. Questi due processi di correzione però non hanno lo stesso “costo” in termini energetici: raffreddare il corpo sembra richiedere più energia rispetto a quella necessaria per riscaldarlo. Le temperature elevate, quindi, hanno maggiori probabilità di esaurire le nostre risorse energetiche (sempre in termini di glucosio); il lavoro richiesto per mantenere l’omeostasi è superiore a temperature elevate di quanto non lo sia a temperature rigide. Poiché il glucosio è usato anche per i processi mentali, è possibile che lo sforzo fisico imposto dall'eccesso di calore riduca la nostra capacità cognitiva, influenzando in modo negativo le nostre capacità decisionali. Questa eventualità negli anni ha incuriosito diversi ricercatori fra cui un gruppo di ricerca costituito da medici indiani che sul Medical Journal, Armed Forces India ha pubblicato uno studio riguardante l’impatto negativo dello stress termico sulle prestazioni cognitive dei soldati nei deserti. Questa valutazione ha dimostrato come, sebbene i soldati fossero tutti in ottima salute, di età compresa fra i 20 ed i 30 anni e fossero stati tutti addestrati alla sopravvivenza nel deserto, con l’inasprimento delle condizioni climatiche, abbiano riscontrato notevoli difficoltà nelle prove che richiedevano elevata attenzione, concentrazione e memoria. Ulteriore conferma proviene da uno studio effettuato recentemente da un team di ricerca dell’università di Harvard. Sono stati posti a confronto due gruppi rispettivamente di 24 e 20 studenti che abitavano in due diversi dormitori di Boston, studiandoli durante un'ondata di calore - ossia una serie di giorni consecutivi caratterizzati da temperature eccezionalmente alte persino per la stagione estiva. Uno dei due gruppi alloggiava in un dormitorio degli anni '90 con aria condizionata centralizzata, l’altro in strutture degli anni '30-'50 prive di aria condizionata e con poche finestre per ogni parete. Al risveglio i ragazzi dovevano completare alcuni test sul cellulare, quali discriminare correttamente il colore di alcune parole, o risolvere piccoli problemi di aritmetica. Gli studenti dei dormitori senza aria condizionata oltre ad avere tempi di risposta decisamente più lunghi, hanno riportato anche punteggi decisamente inferiori rispetto ai risultati ottenuti dai loro colleghi che alloggiavano in ambienti adeguatamente climatizzati. In virtù di questi e di tutti gli studi sull’argomento che seguiranno possiamo, in conclusione, alleggerire le nostre coscienze: non è la forza di volontà a mancarci d’estate, è il caldo che fisiologicamente non permette alla nostra mente di rendere adeguatamente! Fonti: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29386712 http://www.lescienze.it/news/2013/02/23/news/come_la_temperatura_influenza_le_decisioni_complesse-1524830/ https://www.focus.it/scienza/salute/caldo-calore-peggioramento-memoria-ragionamento Immagini tratte da: https://www.healthandsafetysigns.co.uk/product/high-tempreature-sign/ https://www.accountingweb.com/technology/accounting-software/why-automation-will-liberate-you
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