Il paleontologo David Raup ha stimato che normalmente, e senza l’influenza di particolari eventi catastrofici, una specie vive su questo pianeta circa un milione di anni, per poi estinguersi naturalmente. Oggi le cose non sono più così. Il tasso di estinzione è di 1000-10000 volte superiore a quello naturale. Questo significa che non solo le specie si estinguono più velocemente, ma che spesso lo fanno nello stesso intervallo di tempo.
Quella che stiamo attraversando è la sesta grande estinzione di massa che sta letteralmente decimando la vita e la biodiversità di questo pianeta. Dopo meteoriti, vulcani e altre calamità naturali, sulla terra, è arrivato l’uomo. Inquinamento, surriscaldamento globale, pesca e caccia non sostenibili, crescita illimitata della popolazione umana, sono solo alcune delle cause dirette dell’estinzione di molte specie.
Può sembrare un punto di vista estremista e catastrofista ma la verità è che non siamo informati abbastanza. Giusto per dare qualche numero: il più grande animale mai vissuto sulla terra, la balenottera azzurra, a oggi, ha subito una riduzione del 98% della popolazione. Il rinoceronte di Giava, attualmente conta una popolazione di appena 60 individui. La lince iberica conta tra gli 80 e i 140 individui, il numero degli elefanti africani si è dimezzato negli ultimi 30 anni passando da 1.300.000 negli anni ’70 a 500.000 oggi. Esistono più di 7000 specie di rane e la metà di queste potrebbe estinguersi nei prossimi 20 anni. Abbiamo perso il 40% delle barriere coralline a livello mondiale.
Un recente studio dell’Hellenic Centre of Marine Research, apparso su Current Biology, mostra come negli ultimi vent’anni la situazione degli stock ittici del Mediterraneo sia gravemente peggiorata. La crescita demografica insieme alle nuove tecnologie, ha provocato un sovrasfruttamento di molte zone di pesca. Nonostante il trend mondiale negativo però, le nuove politiche di pesca adottate nell’Atlantico nord-orientale hanno avuto risvolti positivi. Grazie al contributo sempre maggiore di biologi e conservazionisti si sta seriamente prendendo in considerazione i ritmi biologici degli animali e oggi, in quelle aree, gli stock ittici sono in aumento.
La soluzione
La biologia della conservazione è una scienza nata proprio in risposta a tale massiccia perdita di biodiversità. Il suo approccio multidisciplinare fornisce gli strumenti intellettuali e tecnologici che consentono di anticipare e prevenire danni ecologici più o meno gravi. Prevedere o evitare determinate situazioni non è affatto semplice e per questo, la biologia della conservazione viene definita una scienza di “intervento”. Gli scopi fondamentali sono quelli di analizzare e descrivere la diversità dei viventi, comprendere gli effetti delle attività antropiche e sviluppare metodologie di intervento per proteggere e ripristinare la biodiversità: questo crea riserve e corridoi ecologici per unire aree geograficamente isolate, fornisce risorse alle popolazioni vulnerabili e limita il bracconaggio. Fondamentalmente, combatte l’estinzione.
La biologia della conservazione si fonda su monitoraggi continui dello stato di salute dell’ambiente, delle popolazioni e dei singoli individui. Questi pulli di cinciarella vengono pesati e misurati per il controllo periodico.
Ma cosa possiamo fare noi comuni cittadini per migliorare le attuali condizioni ambientali e limitare gli effetti dalla sesta estinzione di massa? Molto più di quello che crediamo.
Installare un pannello solare fa davvero la differenza per le nostre bollette e per l’ambiente. Spegnere la luce è un piccolo gesto che spesso dimentichiamo di fare. Quanto cibo buttiamo ogni giorno? Quanti kilogrammi di plastica consumiamo ogni anno? Queste piccole azioni quotidiane hanno delle ripercussioni sul nostro ambiente e su noi stessi, rappresentando l’impronta ecologica che imprimiamo su questo pianeta. Anthony Mackin, il proprietario dell’Empire State Building, ha recentemente rivoluzionato l’edificio simbolo del capitalismo e del consumismo americano rendendolo un edificio verde. Ha sostituito 6500 finestre, inserito luci al led, modernizzato il sistema di refrigerazione e di riscaldamento. Il tutto risparmiando 4,4 milioni di dollari ogni anno. Da buon imprenditore qual è, il signor Mackin ha capito che la conversione energetica, associata a una politica dei consumi appropriata, non è conveniente solo per l’ambiente, ma anche per le sue tasche. E l’hanno capito bene anche molti paesi dell’Unione Europea. In Germania i cittadini hanno chiesto un cambiamento nelle politiche energetiche del paese e oggi circa il 30% dell’energia consumata dal paese è di tipo rinnovabile ed entro il 2050 sarà ben l’80%. Da quest’anno, i treni della compagnia olandese NS - Nederlandese Spoorwegen, che muove più di 600.000 passeggeri al giorno, sono alimentati al 100% da energia eolica. E l’ha capito bene anche la Svezia, governata dai Verdi, che entro il 2030 sarà il primo paese al mondo totalmente svincolato dai carburanti fossili. Ma allora, noi, cosa stiamo aspettando?
Immagini tratte da:
- Macaca di Giava, fotografia dell'autore - Gorgonia rossa, fotografia di Bruno Minutoli - Banco di barracuda, fotografia di Bruno Minutoli - Pulli di cinciarella, fotografia dell'autore - Pesatura pulli di cinciarella, fotografia dell'autore
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Ottobre 2022
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