Il terremoto che ha colpito il Centro Italia la notte del 24 agosto ha riportato l'attenzione sul rischio sismico nel nostro Paese, che rimane uno dei più colpiti d'Europa. Ma è possibile prevedere un terremoto ed evitare così tragedie come quella dell'Aquila del 2009 o quella dell'Irpinia nel 1980?
Prevedere ma non predire: i precursori sismici
I terremoti si originano a causa di spostamenti improvvisi della crosta terrestre. In condizioni normali le placche che formano la superficie terrestre si spostano con movimenti lentissimi (nell'ordine di pochi centimetri l'anno), portando ad un accumulo di tensione nei punti in cui queste si scontrano tra loro (le ''faglie''). Quando, dopo decine di anni, a volte secoli, la tensione raggiunge livelli limite, l'energia accumulata si sprigiona provocando lo slittamento improvviso delle placche con effetti catastrofici. Nonostante la relativa accuratezza dei modelli teorici utilizzati per spiegare le origini dei terremoti, non è però possibile predire con certezza gli eventi sismici. Individuare il giorno, l'ora e persino i luogo in cui avrà luogo un terremoto potenzialmente distruttivo è oltre le possibilità della scienza odierna. Diverso è il discorso per quanto riguarda le possibilità di previsione (forecast in termini tecnici) degli eventi: identificare la probabilità che, in una determinata zona geografica, possa scatenarsi un terremoto. Per riuscire a far ciò è necessario prendere in considerazione i cosiddetti precursori sismici: eventi o valori che, di solito, si trovano associati allo scatenarsi di un terremoto. È possibile ad esempio controllare le variazioni di altimetria del terreno, a causa dei movimenti di frizione delle placche; oppure monitorare l'aumento di frequenza delle piccole scosse (di solito al di sotto dei 2 gradi Richter) che si verificano giornalmente senza che noi ce ne accorgiamo. Uno dei metodi di previsione più discussi riguarda le variazioni delle emissioni di Radon, un gas nobile che normalmente si trova intrappolato fra le rocce nel sottosuolo. Teoricamente, con i movimenti improvvisi delle placche, il Radon potrebbe venire ''spinto'' verso la superficie. Con il moltiplicarsi dei movimenti che di solito precedono un terremoto, la concentrazione di Radon dovrebbe crescere esponenzialmente. È bene però precisare che non esistono prove scientifiche dell'accuratezza di tale teoria.
Come difendersi dai terremoti?
Lo studio dei precursori, purtroppo, non permette di prendere precauzioni utili: non bisogna dimenticare che si tratta di segnali probabilistici, e non deterministici, dell'insorgenza di un evento sismico. Nel 1975 la città di Hacheng, in Cina, venne evacuata perché alcuni eventi insoliti (come l'aumento delle micro scosse e gli strani comportamenti degli animali domestici della zona) avevano convinto gli scienziati che di lì a poco un terremoto distruttivo avrebbe colpito la zona. Il sisma effettivamente si verificò: nonostante il numero di morti rimanesse comunque alto (circa 2.000) grazie all'evacuazione si riuscì ad evitare una catastrofe. Negli anni '80, invece, i sismologi statunitensi ipotizzarono l'insorgere di un evento sismico distruttivo nella città di Parksfield in California. La zona venne monitorata per quasi 10 anni, ma le previsioni degli scienziati si rivelarono sbagliate. Prevedere i terremoti, quindi, è ancora al di fuori della nostra portata. Paesi come il Giappone e gli Stati Uniti (all'avanguardia nelle ricerca sismologica), pur non abbandonando gli studi teorici e lo sviluppo di nuovi modelli statistici di previsione, stanno concentrando le loro risorse sulla prevenzione. L'unico modo per evitare o quantomeno ridurre i danni di un terremoto è infatti il ricorso a tecniche di costruzione antisismiche, in grado di permettere agli edifici di resistere alle sollecitazioni. Le nuove tecniche usate in Giappone prevedono l'uso di acciai ''elastici'', di fibre di carbonio per rinforzare i pilastri degli edifici e dei ''dissipatori'', una sorta di ammortizzare in grado di assorbire la potenza delle scosse. L'Italia è uno dei Paesi col più alto rischio sismico del Mediterraneo, a causa della sua posizione a cavallo fra le zolla africana e quella eurasiatica. Le zone più a rischio si trovano lungo la dorsale appenninica. Nonostante ciò gli investimenti per la prevenzione sismica rimangono ancora bassi. Il piano per la prevenzione sismica, approvato nel 2009 dopo il terremoto dell'Aquila, ha stanziato 965 milioni di euro in 7 anni: una cifra corrispondente ad appena l'1% di quanto servirebbe per mettere in sicurezza gli edifici a rischio.
Immagini tratte da:
- Immagine 1 da http://zonesismiche.mi.ingv.it/ - Immagine 2 da http://www.ilpost.it/wp-content/uploads/2016/04/Foto-terremoto-in-giappone.jpg - Immagine 3 da http://www.gravita-zero.org/2009/04/la-previsione-dei-terremoti.html
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