Negli anni sessanta, alcuni topi allevati nell’ospedale di Glasgow per fini scientifici svilupparono spontaneamente una mutazione che causava una non funzionalità del timo o la sua totale assenza. Casualmente questi topi avevano anche un’altra caratteristica, non avevano alcun tipo di pelo e per questo vennero definiti topi nudi.
I topi nudi, con un timo alterato e quindi con un sistema immunitario non funzionale, divennero in breve tempo una colonna portante per molti studi di immunologia. Oggi sono più di 30.000 i lavori immunologici pubblicati su riviste scientifiche che prevedono l’impiego di topi. Il loro sacrificio ha fornito tantissime nuove conoscenze su tumori solidi, leucemie e AIDS.
I topi però, non sono gli unici animali a essere usati nei laboratori. Primati, pesci, anfibi, uccelli e invertebrati sono alcuni esempi di animali impiegati per un “bene superiore” e forse è proprio questo il problema. Sono anche troppi.
Gli animali vengono impiegati e sacrificati ogni giorno per attività decisamente discutibili. In Germania, ad esempio, è obbligatorio effettuare la vivisezione di animali in classe a partire dalle scuole medie. Per non parlare del numero di animali ancora largamente impiegati nelle industrie farmaceutiche e cosmetiche, tenuti spesso in condizioni discutibili ed eticamente scorretti. Un disastro su tutti i fronti.
In Italia non esistono finanziamenti a livello statale per lo sviluppo di metodi alternativi sostitutivi.
Gran Bretagna e Germania stanziano invece dai 7 ai 70 milioni di euro l’anno.
Secondo la Humane Society, sono più di 12 milioni gli animali usati ogni anno nei laboratori di tutta Europa per i fini più svariati e più di 115 milioni se consideriamo i paesi di tutto il mondo.
Oggi la tecnologia ci fornisce numerosi test alternativi all’impiego di animali nei laboratori. Tra i test alternativi sostitutivi validati, riportati dal Tracking System on Alternative Methods troviamo: 1 test per individuare un’interferenza ormonale, 1 per l’assorbimento da parte della pelle, 1 per indagare l’induzione di mutazioni genetiche, 5 per testare sostanze che possono corrodere la pelle, 3 per l’irritazione, 2 per l’irritazione degli occhi e 1 per la fototossicità. Decisamente pochi.
Una delle ultime trovate in questo campo si deve all’Harvard Wyss Institute, che ha creato il cosiddetto organ-on-chips: un chip contenente cellule umane in grado di simulare il comportamento dei nostri organi. Questo chip permette di effettuare in vitro test di risposta a diverse molecole e, in base alla domanda dei ricercatori, può essere progettato per simulare la fisiologia di diversi organi umani come il cuore, i reni, i polmoni, la pelle ma anche le ossa e le arterie.
Purtroppo però, il chip simula “soltanto” un organo per volta, dicendoci cosa succede al cuore ma non cosa succede al sistema cuore-polmoni o cuore-cervello; rimane quindi un test parziale e non ancora affidabile se vogliamo conoscere l’effetto di un farmaco sul nostro corpo in tutta la sua complessità. Nonostante oggi possiamo evitare il sacrificio di numerose vite grazie ai giganteschi passi avanti compiuti nel campo della bioingegneria, e questo purtroppo non avviene sempre, per molte altre ricerche invece, restiamo ancora fortemente legati all’impiego di animali. Che ci piaccia o no. È il caso della SISSA, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, che ha ottenuto dei risultati molto promettenti nell’applicazione della terapia genica contro il glioblastoma (una famiglia di tumori al cervello molto aggressiva), grazie proprio alla sperimentazione sui topi.
Introducendo una copia aggiuntiva del gene Emx2 nelle cellule tumorali trapiantate nei topi, i ricercatori
della SISSA riescono a condurre al suicidio le cellule tumorali stesse.
Come riportato nel comunicato stampa della SISSA del 2016, “i risultati finora sono stati netti e hanno dimostrato che il gene Emx2 è in grado di uccidere le cellule di almeno quattro tipi diversi di glioblastoma, anche in vivo nei roditori e senza danneggiare le cellule sane del sistema nervoso”.
Un passo enorme verso la cura di questo male, ottenuto grazie al’impiego di specie modello.
Un cervello di topo (sinistra) e dei terreni di coltura cellulari (destra) proveniente dai laboratori della SISSA.
Per quanto triste possa essere, bisogna ammettere che, in determinate circostanze, l’impiego di animali nei laboratori di ricerca è uno step di cui non possiamo ancora fare a meno. Non abbiamo i mezzi e le conoscenze per valutare così tante variabili in gioco ma, con un po’ di pazienza e i fondi necessari dallo stato, riusciremo a vincere una delle più grosse sfide di questo secolo.
La strada però, è tutta in salita. Basti pensare che è stato più facile mandare l’uomo sulla luna. Un grosso ringraziamento all’autrice della ricerca sul glioblastoma, Carmen Falcone, per avermi aperto le porte dei laboratori della SISSA Fonti:
Immagini tratte da: foto dell'autore
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Ottobre 2022
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