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25/11/2016

Kean e i suoi fratelli: Freddy Adu, da predestinato erede di Pelè a testimonial di aspirapolveri

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Nella settimana del debutto del nuovo astro nascente del calcio italiano, almeno così di dice, Moise Kean, in Serie A ed in Champions League. Vogliamo raccontare la storia di un altro ragazzo, finito sotto la luce dei riflettori, che non ha saputo reggere il peso delle aspettative riposte su di lui.

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Marco Scialpi
Fredua Korateng Adu, statunitense di nazionalità, anche se il suo ovviamente non è il tipico nome americano, nasce il 2 giugno del 1989 a Tema, sulle coste ghanesi del continente africano.
In Ghana però ci resterà per poco tempo, la sua famiglia infatti, vince una delle ambitissime green card nelle lotterie del governo statunitense e si stabilisce Washington DC, la capitale. L’inizio di un vero e proprio sogno americano.
In Ghana, sin da piccolissimo amava tirare calci al pallone, tanto che, si racconta, giocasse anche con persone con il doppio dei suoi anni. Così, nel 2002 Fredy, a 13 anni, entra nella IMG Soccer Academy, una sorta di scuola del calcio con l’ambizioso obiettivo di costruire campioni.
Da qui in poi sembra essere iniziata la parabola che lo porterà ad essere una star mondiale: la Nike, quando Adu non ha ancora compiuto 14 anni, bussa alla sua porta. In quegli uffici hanno capito che qui c’è, oltre al talento, una storia che potrebbe rappresentare un successone a livello di merchandising ed impatto mediatico.
Un ragazzo africano pronto a insegnare il soccer agli americani. E’ una trama di quelle che piacciono tanto a chi vuole vendere dei prodotti, insomma, adesso manca solo la consacrazione, oltre che il paragone eccellente.
La Nike alza la cornettae chiama Edson Arantes Do Nascimiento, meglio conosciuto come Pelè: ne verrà fuori un book fotografico foltissimo, rappresentante un simbolico passaggio di testimone tra una leggenda del passato e l'astro nascente del nuovo millennio.
Fredy cresce, e inizia a giocare nella MLS, dove brucia tutti i record di precocità con la maglia del DC United. Esterno, fantasista, punta centrale, non fa differenza, il ragazzo segna e fa segnare. Il Manchester United prova a metterlo sotto contratto, senza successo.
A 16 anni ha già indossato la maglia della nazionale statunitense, e nel 2005 gioca il suo secondo mondiale under 20, sulla carta quello della consacrazione. Dovrebbe fare un sol boccone di illustri colleghi come un certo Leo Messi. Qualcosa invece sembra essersi inceppato.
Se a quattordici anni era una promessa, qualche anno dopo, qualcuno già si aspettava di trovarsi di fronte a un talento senza eguali. Se questo è il nuovo Pelè, come mai non comincia a segnare caterve di gol contro qualunque avversario? Come mai non trascina le sue squadre al successo da solo? Pelè, alla fine, non faceva questo?

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Freddy Adu comincia a convivere con il peso delle aspettative, a sentire il fiato sul collo della stampa e degli addetti ai lavori.
Mentre si aspetta la sua definitiva consacrazione, quelli contro cui giocava nelle giovanili, iniziano a diventare campioni veri.
La svolta potrebbe arrivare però nel 2007, dopo che nel 2006 era finito sulla copertina del celebre gioco “Fifa 06” insieme niente popò di meno che a Ronaldinho. Arriva la proposta del Benfica, Adu sbarca in Portogallo con la fama di campioncino pronto ad esplodere. Succederà puntualmente tutto il contrario, l'avventura europea sarà l'inizio di un triste declino.
Del ragazzino promettente sembra non esserci più neanche l’ombra. E’ come se, all’impatto con il calcio dei grandi, quello vero, una volta diradata la nube di fumo che lo circondava, Fredy si fosse svegliato nudo, impaurito e indifeso. Se fino a qualche anno prima sembrava un gigante in mezzo ai bambini, ora il bambino è lui. E non serve a nulla cambiare squadra, girare l’Europa in prestito: Monaco, Belenenses ed Aris Salonicco le tappe del suo peregrinare.
Il valzer dei trasferimenti prosegue in Turchia, al Rizespor. Successivamente torna un anno in patria, Philadelphia Union, dove sembra aver ritrovato almeno un minimo di costanza, illusione effimera.
Brasile, aprile 2013: Il Bahia si prende Fredy Adu come contropartita nell’affare del passaggio di Kleberson in MLS. Insomma, Freddy da talento indiscusso e futuribile è diventato merce di scambio. E alla fine di quella stagione, resta mestamente senza contratto.
Ci sono tante spiegazioni, a questo crollo. Gli infortuni non lo lasciano in pace, lui, poi, sembra abbastanza incline a mostrare problemi caratteriali di non poco conto, che lo porteranno anche ad assumere psicofarmaci.
 Gli unici a fidarsi, nel 2014, sono i serbi delFudbalski Klub Jagodina, che gli fanno firmare un contratto, Adu però non scenderà mai in campo con la loro maglia.
Si segnala, di tanto in tanto, per qualche ospitata in qualche locale, come un tronista di Uomini e Donne qualsiasi. Su Twitter, fa addirittura il testimonial per una marca di aspirapolvere.
Nel marzo del 2015 firma per il KuPS, in Finlandia. Undicesima squadra in undici anni, senza contare i provini. Il sogno di Freddy Adu, nel freddo inverno finlandese, può definitivamente dirsi tramontato.
L'estate successiva torna a casa, ai Tampa Bay Rowdies, seconda divisione statunitense, dove in un un anno e mezzo circa, ha messo insieme la miseria di tredici presenze.

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Immagini tratte da:
- pane e calcio.com

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