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24/3/2017

La Viareggio Cup 2017

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In corso la sessantanovesima edizione
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di Vito Rallo
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Il 13 marzo  scorso è iniziato il torneo di calcio giovanile, fino a qualche anno fa, più famoso al mondo. Stiamo parlando della Viareggio Cup conosciuta anche come Coppa Carnevale. Quest’anno sta andando in scena la sessantanovesima edizione che vedrà la fine il 29 marzo.
Organizzato dal Comitato Giovani Calciatori (CGC) di Viareggio col sostegno anche del CONI, F.I.G.C. e dalla FIFA. Generalmente, ma non in questa edizione, vede il suo inizio dal terzultimo lunedì all'ultimo lunedì di Carnevale. Il torneo si svolge lungo tutta la Toscana e nelle Regioni limitrofe con la Finalissima allo Stadio dei Pini di Viareggio.
Le partecipanti del 2017 sono in totale quaranta da tutto il mondo infatti, oltre ai ventitré club italiani, ci sono anche otto club del Nord e Sud America, sei europee e tre africane. La formula di questa edizione è:
-nella fase a gironi le 40 squadre sono divise in 10 gironi (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10), ciascuno composto da 4 squadre. A giudizio insindacabile della società organizzatrice sono nominate le teste di serie di ciascun girone. Vengono quindi formati due gruppi (A e B). Il gruppo A comprende i gironi 1, 2, 3, 4 e 5 mentre il gruppo B comprende i gironi 6, 7, 8, 9 e 10. Le squadre si incontrano in gare di sola andata della durata di 90 minuti. Le classifiche sono redatte in base ai seguenti criteri: 3 (tre) punti per ogni gara vinta, 1 (uno) punto per ogni gara terminata in parità, 0 (zero) punti per la sconfitta. In caso di parità di punteggio valgono i criteri in ordine elencati:
  1. Esito scontri diretti
  2. Differenza reti negli incontri diretti fra le squadre a parità di punti
  3. Differenza reti nel totale degli incontri disputati nel girone
  4. Maggior numero di reti segnate sul totale degli incontri disputati nel girone
  5. Età media più bassa della lista dei calciatori iscritti al torneo
  6. Sorteggio
Saranno ammesse alla fase successiva le cinque squadre prime classificate di ciascun girone e le migliori tre seconde arrivate di ciascun gruppo, in base ai criteri sopra citati, per un totale di 16 club ammessi alla fase finale con Ottavi, Quarti, Semifinali e Finale.

FotoAlessandro Palagi
Il Presidente del CGC Alessandro Palagi ha così presentato l’inizio della manifestazione: “Ed eccoci di nuovo a quaranta squadre partecipanti tante quante ha intenzione di iscriverne il presidente Gianni Infantino della FIFA in occasione del Mondiale del 2026. Noi ci eravamo arrivati anni fa cavalcando il concetto della globalizzazione del calcio investendo uomini e risorse. Squadre straniere titolate, i migliori settori giovanili dei club italiani di Seria A e B, qualche rappresentante della LegaPro e infine la selezione dell’Under 18 Dilettanti. Il pallone è un simbolo globale che interessa sempre più Continenti. La Viareggio Cup come sempre non pensa solo allo sport, vive la “polis” con grande dovere civico. Ed è per questo che alla sfilata inaugurale il portabandiera è stato Marco Piagentini che rappresenta i familiari delle vittime del disastro ferroviario del 29 Giugno 2009. I quasi mille ragazzi che scenderanno in campo a Viareggio e dintorni daranno spettacolo anche in loro ricordo, magari con un pensiero di maggior responsabilità. Un futuro migliore serve soprattutto a loro, su ogni piano, specie quello della sicurezza e non solo negli stadi”.


FotoGiorgio Del Ghingaro
È intervenuto anche il Sindaco della città di Viareggio Giorgio Del Ghingaro dichiarando: “Un compleanno speciale per un torneo che accompagna la storia della città da quando nel 1948 vide la luce, in quella che era una città martoriata dalla guerra ma che sapeva e voleva guardare al futuro con fiducia e con speranza. Quanti campioni hanno giocato qui le loro prime partite importanti, si sono fatti notare per la prima volta. Come sportivo, come tifoso  e soprattutto come sindaco, sarò sempre al fianco di eventi come questo che si fondono con la storia stessa della città”.
Oggi in programma i Quarti di finale, le Semifinali sono previste lunedì 27 marzo .
 
Immagini tratte da:
  1. SpazioCalcio.it
  2. http://www.genova24.it/
  3. http://www.comune.capannori.lu.it/
 



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17/3/2017

La solitudine dei Numeri 10

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di Marco Scialpi

Dopo anni di buio, dopo che la maglia azzurra per eccellenza, quella che ogni bambino sogna, è diventata più uno spauracchio, che un obiettivo, qualcosa finalmente si sta muovendo, stanno crescendo talenti che sembrano avere spalle larghe e personalità per indossarla.

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C'è una maglia azzurra, stinta, nuda e senza volto e senza un padrone vero che si aggira per l'Italia. Sulle spalle c'è il numero 10. Si tratta di un simbolo dell'immaginario collettivo, del sogno di ogni bambino.
In un momento dove Belotti e Immobile stanno incantando le platee a suon di gol, ricalcando le orme dei grandi centravanti del passato (Vieri, Riva, Rossi, Schillaci, Inzaghi, solo per citarne alcuni), facendo anche ben sperare per i Mondiali del prossimo anno, forse manca ancora quell'elemento che abbia nelle corde la giocata risolutrice, il passaggio illuminante, capace di cambiare le sorti di una partita in un secondo.
In questo momento il 10 è di Verratti, stella del Paris Saint Germain, mezzala di fantasia, considerato il nuovo Pirlo, ma molto diverso dall' ex Juventino; ai passati Europei è stato indossato da Thiago Motta, più per carisma e per una scelta fatta andando per esclusione, che per reali meriti tecnici e sportivi.
Finalmente però sembra esserci una nidiata di elementi brevilinei, tutti estro e fantasia, forse non ancora con le spalle abbastanza larghe per indossare una maglia così pesante, ma che fanno ben sperare un popolo di allenatori e direttori sportivi, come è da sempre quello del nostro paese.
Bernardeschi a Firenze, con disinvoltura si è preso la maglia che fu di Baggio, prima ancora di Antognoni e poi di Rui Costa, convincendo anche i più scettici a suon di magie, specialmente da calcio piazzato. Una manna dal cielo per i tifosi Viola, che avevano visto un simbolo così importante “profanato” da meteore come Santiago Silva, Aquilani e Ruben Olivera.
Berardi e Insigne, pur con percorsi e caratteristiche differenti, stanno, a loro volta, facendo vedere buonissime cose a Sassuolo e Napoli. Se il primo è stato frenato troppo spesso dagli infortuni e da un carattere difficile, ma comunque ha dimostrato di avere i colpi del campione, il secondo sta finalmente scrollandosi di dosso i paragoni pesantissimi e inevitabili con “El Dies” per eccellenza, ovvero Diego Armando Maradona.
Insomma, tre pretendenti per la maglia più bella e significativa che possa esistere, che dopo l'era Totti – Del Piero, non ha più trovato un inquilino stabile, pensare che solo una quindicina di anni fa, se la potevano litigare i due sopra citati, ma anche Signori, Mancini, Zola e Baggio; altri tempi, altra Italia, altro calcio.
Per mettere quel numero caro ai pitagorici però, il sacro dieci, che ha in sé la chiave di tutte le cose, ci vogliono gli attributi. Forse li avrebbe, per carisma Buffon, forse Bonucci, ma nessuno di loro è un fantasista vecchia maniera. Curioso il caso delle pre-convocazioni per gli europei dello scorso anno, dove i 27 preselezionati, scelsero di lasciare questa maglia libera.
In passato ci hanno provato prima De Rossi, poi l'eterno Peter Pan Cassano, rimasto mestamente a 35 anni senza squadra a pensare a quello che sarebbe potuto essere e non è stato, poi Giovinco, potenzialmente un fenomeno, ma tremendamente discontinuo. Il Bad-Boy Balotelli non ne ha mai voluto sapere, optando sempre per il meno pesante numero 9.
La solitudine dei numeri dieci può essere identificata come l'esito, il frutto di una battaglia culturale. Qui si inquadra quella voglia di rendere gli italiani quadrati, razionali, compatti, quasi come i tedeschi e non sempre in cerca di un miracolo o di un colpo di magia, come è sempre stato nella nostra indole di artisti, poeti, sognatori. Si vuole azzerare tutte le anomalie, vivere secondo schemi precostituiti, tutti uguali, per non creare invidie, perché alla fine dobbiamo assomigliarci tutti: il 10 se non lo catechizzi finisce che ti fa saltare il banco. Il 10 è un ostacolo verso la perfezione. Ma che gusto ci sarebbe ad avere una squadra composta solo da soldatini impeccabili?
Allora ben vengano i talenti, ben venga la naturalizzazione del promettentissimo Juventino Moise Kean, ben venga Bernardeschi che si prende la maglia di Baggio a vent' anni quasi sprezzante della critica. Non scordiamoci che il calcio è soprattutto un gioco, e un gioco è tale solo quando diverte.




Immagini tratte da:
- news.superscommesse.it
- gazzetta. it


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10/3/2017

Tavecchio bis

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Rieletto al comando della F.I.G.C. non senza polemiche.
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​di Vito Rallo
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Carlo Tavecchio, per altri quattro anni, sarà il presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il suo avversario, Andrea Abodi, resiste fino alla terza votazione quando basta il 50% + 1 per essere eletto e Tavecchio conquista 275,17 voti, pari 54,03%, contro i 234,08 voti, pari al 45,97%. Le prime due votazioni (al primo turno, necessario il 75 per cento dei consensi per essere eletto; al secondo il quorum scende al 66 per cento) erano andate a vuoto: 56,49% per Tavecchio, 42,92% per Abodi nella prima, 53,7% per Tavecchio, 45,41% per Abodi nella seconda. 
FotoIl presedente Carlo Tavecchio
Prime parole felici per il rieletto presidente che dichiara: "Do atto al mio sfidante della correttezza, e ora dico che con la forza con cui ci si divide bisogna ritrovare la stessa forza per unire. Sono sicuro di aver fatto il mio dovere, ho detto quello che potevo fare, gli impegni che possono mantenere, niente di più”. Tavecchio spera in una Federazione più compatta.
Mostra delusione invece lo sconfitto Abodi che ha commentato la sconfitta elettorale: "Entrare nei numeri diventa difficile: mi aspettavo qualcosa di più, ma è una differenza di sette-otto persone. La vittoria di Tavecchio va riconosciuta: mi auguro che faccia tesoro delle cose che abbiamo detto anche noi. Penso che il calcio abbia bisogno di profondi cambiamenti e di un cambio di marcia. Anche una sconfitta può lasciare qualcosa di buono. È importante che il calcio si renda conto del mondo di fuori e dell'importanza dei tifosi. Bisogna che si lavori sulla qualità della competizione e si ritorni a disegnare un progetto italiano". Continua mostrando amarezza nei confronti degli arbitri, che in totale valgono per il 2% totale del voto, i quali hanno votato per Tavecchio quando inizialmente sembrava dovessero astenersi e quindi essere imparziali: "Io non ho mai pensato che gli arbitri votassero per me. Ho sempre considerato quel 2% sacro, tanto più in una contesa tra due soggetti che rappresentano le leghe pensavo che gli arbitri dovessero restarne fuori. Mi ha amareggiato l'assoluta negazione che esistesse un altro candidato, di un lavoro che ho fatto per sei anni e mezzo. Per me l'arbitro è una figura al di sopra delle parti: aver negato anni di lavoro comune mi pare una mancanza di rispetto. Non è una questione dei veleni di questo giorno, solo un po' di ipocrisia non ci fa comprendere che se non manca il senso dello stare insieme è normale che una contesa elettorale porta dei veleni".

FotoLo sfidante Andrea Abodi
A proposito della polemica sugli arbitri è intervenuto il presidente Associazione Italiana Arbitri Marcello Nicchi aggiungendo "Io non sono né soddisfatto né triste. Noi abbiamo fatto quello che sentivamo di fare.  L'AIA ha dimostrato di essere autonoma e leale. L'altra volta abbiamo votato contro, sapendo che avremmo perso. Questa volta abbiamo votato in un modo diverso".
Ecco il programma elettorale di Tavecchio, diviso in 10 punti:
 
  1. Governance
  2. Organizzazione Federale;
  3. Lotta contro la violenza;
  4. Qualificazione del prodotto calcio;
  5. Settore Tecnico;
  6. Centri di Formazione Federale;
  7. Settore Giovanile e Scolastico;
  8. Nuove risorse economiche;
  9. La comunicazione, i grandi eventi, il Club Italia;
  10. La legislazione e i rapporti con il Governo e quelli col Coni;
  11. La riforma dei campionati e regole delle competizioni.
 
Tavecchio punterà così su una Serie A a 20 squadre con 2 retrocessioni, con una B che gradualmente passerà a 20 squadre con 2 promozioni e 3 retrocessioni. Poi una Lega Pro da 40 squadre divise in due gironi. Verrà introdotto il fair play finanziario dalla stagione 2018/2019, saranno aperti altri 180 centri federali con budget annuale da 10 milioni per 1200 tecnici e ci sarà un'apertura alle seconde squadre dei club di A in Lega Pro senza che possano essere però promosse e retrocesse e senza che possano votare.

Immagini tratte da:
  1. www.figc.it
  2. http://www.salernogranata.it/
  3. http://www.calcioefinanza.it/

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3/3/2017

Presentata la nuova Ferrari, la SF 70h, obiettivo: ridurre il gap con le Mercedes, fino ad ora irraggiungibili

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di Marco Scialpi

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Finalmente è stata svelata alla  stampa e ai  tifosi la nuova monoposto del cavallino rampante; telaio e livrea presentano le novità maggiori, con il rosso decisamente predominante sul bianco. Buone indicazioni già dai primissimi test, mentre, alle spalle dei mostri sacri Vettel e Raikkonen, si affaccia un giovane pilota italiano.
 
La SF 70h è la sessantatreesima monoposto concepita e realizzata dalla Scuderia Ferrari per il Mondiale di Formula 1. Il sogno è quello di ripercorrere i fasti della F1 2000 che, a inizio millennio, fece sognare i tifosi della rossa, entusiasti per un duello punto su punto che vide Schumacher prevalere su Hakkinen.
Quest'auto è la diretta conseguenza di un cambiamento regolamentare che ha pochi precedenti nella storia della categoria: in passato, infatti, si è andati quasi sempre verso norme che limitavano le prestazioni delle monoposto (regolamentazione di cambi gomme, rifornimenti, trionfo dell'elettronica). Ora, invece, è stata presa la direzione opposta: ovvero, aumento di carico aerodinamico e aderenza meccanica.
Veniamo però alle specifiche della vettura: SF sta per Scuderia Ferrari, il numero settanta ricorda il settantesimo anno della scuderia, mentre la lettera H si riferisce al motore ibrido. Quest'anno la Ferrari è più rossa del solito, con il bianco che trova spazio solamente sugli alettoni anteriori e sul retrotreno, dove campeggia anche un tricolore. Si noti anche il quadrifoglio verde simbolo dell’Alfa Romeo e un’aletta sulla “pinna” sopra il cofano.
La nuova Ferrari, per ridurre il gap con le super potenze Mercedes e Red Bull, ha deciso di apportare significative modifiche al carico ed alla resistenza aerodinamica, in modo da guadagnarne in prestazioni, sia sul giro secco, che sulla durata di gara. Importanti novità anche sulle gomme, fornite da Pirelli, più larghe rispetto a quelle delle scorse stagioni: sei centimetri per le anteriori, ben otto per le posteriori.


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Anche il telaio si presenta decisamente rinnovato rispetto agli ultimi modelli: muso allungato e ala a freccia sfruttano i regolamenti, così come la vistosa “pinna” sul cofano motore, che la fa sembrare quasi uno squalo, e che si spera sia pronto a “mangiare” in un solo boccone tutti gli avversari.
Il motore 062 ha visto il cambiamento nella disposizione di alcune componenti meccaniche dell'ibrido, mentre altre soluzioni conservano uno schema simile a quello del poco fortunato 2016. Dal punto di vista prettamente sportivo, l'abolizione dei sistema dei “Tokens” (limiti nell'evoluzione ed elaborazione delle Power Unit), o gettoni, permetterà alla squadra una maggiore libertà per gli sviluppi in corso di stagione.
Confermati i piloti Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen, che hanno saputo tenere alta la bandiera del cavallino rampante attraverso almeno un paio di stagioni decisamente complicate, nonostante per il finlandese si fossero fatte insistenti le richieste di almeno un paio di team importanti, uno su tutti la Williams, che ha dovuto fare i conti con la sostituzione di Bottas, passato in Mercedes al posto di Rosberg, ritiratosi da campione del mondo in carica.
Terza guida e quindi prima riserva in caso di problemi dei titolari, è finalmente un italiano molto promettente, Antonio Giovinazzi, fortemente voluto in Ferrari da Sergio Marchionne, dopo le positivissime esperienze in GP2, Formula 3 ed Endurance. Binomio rossa – pilota italiano che fa sognare, sperando che le cose possano andare meglio rispetto all' ultima esperienza targata Badoer – Fisichella, che non riuscirono a essere all' altezza di un volante così prestigioso, chiamati in corsa dopo il gravissimo incidente che quasi costò la vita a Felipe Massa.
Sono trascorsi più di dieci anni dalle ultime presenze di piloti italiani in Formula 1, ricordiamo Trulli e Fisichella, ovviamente, ma anche le fugaci apparizioni di Pantano con la Jordan e di Liuzzi con la Jaguar. Chissà che la scuola di casa nostra, che fino a metà anni '90 l' ha fatta da padrone nel circus delle quattro ruote, questa volta non abbia finalmente sfornato un nuovo grande talento; le premesse ci sono tutte.


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Immagini tratte da:
- motorsport.com
- Gazzetta.it

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