4/11/2016 L'esonero dell'allenatore come panacea di tutti i mali: De Boer e i suoi fratelliRead Now
Molto spesso si sceglie di cambiare la guida tecnica piuttosto che un buon numero di giocatori o alcuni dirigenti. I problemi però sono ben più complessi e radicati, infatti questa è una soluzione che non paga mai, o quasi.
Un gol di Quagliarella, allo scadere del primo tempo di Sampdoria – Inter, assesta il colpo decisivo alla già traballante panchina di Frank De Boer, arrivato non più di un paio di mesi fa a Milano in sostiuzione di Roberto Mancini. Questo è stato solo l'ultimo di una lunghissima serie di casi in cui, nonostante il poco tempo concesso al malcapitato allenatore, si è preferito allontanarlo, per cercare di dare una scossa alla squadra, quando spesso, però, i problemi risiedo altrove. Prerogativa tutta italiana questa, dove non si lascia lavorare il tecnico di turno, se non porta immediatamente risultati soddisfacenti e, così come con i giovani calciatori, si rischia spesso di sacrificare sull' altare del “tutto e subito”, anche veri e propri maestri di calcio. Negli ultimi anni questo trend, ha iniziato a prendere piede anche in paesi europei dove l’attitudine a esonerare non è mai stata tra le tradizioni più abituali. Eclatanti nel passato recente i casi di Roberto Di Matteo e Mourinho al Chelsea, di Moyes al Manchester United e di Benitez al Real Madrid. Sebbene in Germania ancora si vada in controtendenza, ricordando il caso di Jurgen Klopp, ad un passo dalla retrocessione con il suo Borussia Dortmund soltanto pochi mesi dopo aver raggiunto la finale di Champions League che, nonostante questo, incassò la fiducia della società e condusse i suoi a zone più tranquille e consone di classifica alla fine della stagione. Indubbio è che il ruolo dell’allenatore sia di cruciale importanza all’interno di un club poiché detiene numerosi poteri dal punto di vista sportivo, tecnico e strategico. Ha il compito di motivare e preparare i calciatori, e di selezionare la formazione e la tattica migliore per ogni gara. Proprio per questo ha una risonanza così importante dal punto di vista mediatico, è spesso ritenuto l’unico responsabile quando la squadra viene sconfitta o subisce una serie di risultati negativi. Dopo un avvicendamento, chi arriva può avere diversi effetti sulla performance della squadra. Il suo compito è di rigenerare dal punto di vista motivazionale gli atleti, perché potrebbe non tenere conto delle scelte precedenti. Quindi è come se ogni calciatore ripartisse da zero e dovesse dimostrare di essere all’altezza per meritarsi il posto in campo. Questo provoca una reazione nel breve periodo, alla lunga però questo effetto “sprint” tende a scemare, per tornare punto e a capo. Passando al concreto, siccome si dice che in Italia siamo un popolo di commissari tecnici, c'è già qualcuno che chiede la testa di Giampiero Ventura, dopo le prime uscite non propriamente entusiasmanti, ma comunque vincenti della Nazionale Italiana. A sostegno di tutto ciò scritto sino ad ora, possiamo citare come caso emblematico di questo modus operandi, un precedente in salsa azzurra-tricolore: quello di Roberto Donadoni. Subentrato a Marcello Lippi nel difficilissimo post Germania 2006, cercò di compiere un graduale ricambio generazionale per non cadere nell' errore di vent' anni prima di Bearzot che affrontò i Mondiali del 1986 in Messico con la quasi totalità degli eroi di Spagna '82, ormai attempati e logori, con l' Italia che dovette abbandonare la scena praticamente subito. Un onorevole quarto di finale agli Europei 2008 di Svizzera ed Austria con eliminazione subita soltanto ai calci di rigore dalla Spagna, che poi avrebbe vinto il torneo ed inaugurato un ciclo vincente clamoroso, non servì ad evitare il ritorno al timone di Marcello Lippi che, puntualmente, ricalcò le orme di Bearzot: non possiamo non ricordare gente come Cannavaro, Gattuso e Camoranesi che, ormai, non erano che l'ombra di sé stessi. Così, anche in questa stagione, in Serie A, si prosegue su questa via, probabilmente perchè molte volte è più semplice sostituire un allenatore, rispetto a venti giocatori od ad una dirigenza intera. Ultimo in ordine di tempo il caso dell' Inter, citato in testa all' articolo, dove l' anima cinese della società ha spinto fortemente per De Boer, catapultato in un campionato a lui nuovo, dove si è trovato a parlare una lingua che non conosceva e con una squadra costruita secondo i dettami tecnici e tattici del suo predecessore, che aveva impostato e portato praticamente a termine la campagna acquisti. Probabilmente ora arriverà un sostituto, con Pioli che sembra in pole, anche perchè la permanenza del Mister della Primavera Vecchi, sembra essere solo una soluzione tampone. Oltre all'ex Lazio, sono stati messi sul tavolo diversi profili, più o meno internazionali, ma quanto passerà prima di essere di nuovo nella solita situazione? Lo stesso vale per il Palermo, che ha visto De Zerbi avvicendarsi con Ballardini. I rosanero arrancano nei bassissimi fondi della classifica e sono destinati a lottare con le unghie e con i denti per evitare una retrocessione, che già da un paio di stagioni appare più che probabile. Anche in Sicilia, probabilmente, chi è al comando della squadra è l'ultimo dei problemi: è stato costruito un gruppo formato da elementi perlopiù stranieri provenienti da campionati di secondo livello, come quello Norvegese o quello Ungherese. Assolutamente niente contro la globalizzazione del calcio, ma chi è arrivato dimostra di non avere doti tecniche sopra la media, anzi, molto spesso viene da pensare che tra Serie B e Lega Pro, ci sarebbero moltissimi ragazzi italiani, quindi potenziali risorse per la nazionale, decisamente più motivati e capaci, che però pagano il fatto di non avere il giusto procuratore. Perchè il male del calcio di oggi è soprattutto questo: procuratori molto spesso totalmente digiuni di campo e di calcio, si occupano di spostare giocatori da paesi stranieri, calcisticamente di seconda fascia, in cambio di denaro dagli stessi, che praticamente pagano per trovarsi squadra o per contribuire a giri strani di liquidità sui quali è meglio non approfondire perchè non basterebbero settimane di discussione. In questo modo arrivano al massimo palcoscenico elementi che non giocherebbero nemmeno, con tutto il rispetto, nella terza categoria bergamasca, ma tant'è. Mino Raiola è solo la punta dell' iceberg di un mondo immenso. Anche l' Udinese, in questo primo scorcio di campionato, ha deciso di cambiare l' allenatore, con il ritorno alla ribalta di Del Neri, ed anche qui ha pagato il meno colpevole. Ormai sono anni che tutti conoscono il modo di operare della squadra del Patron Pozzo, che ad ogni sessione di mercato monetizza con i migliori elementi (Sanchez, Asamoah, Benatia, Handanovic), per poi pescare 40-50 giovani all' estero, in modo da indovinarne due-tre da rivendere a peso d'oro. Un circuito perfetto? Forse economicamente si, ma per chi si trova, di volta in volta l'organico smantellato, con l'ovvia incognita che ogni volta non si può pescare il fenomeno di turno, oltre che il dover mettere in campo undici giocatori che non sanno la lingua, non è assolutamente facile lavorare. Nove volte su dieci, perchè poi ovviamente esiste anche l' eccezione che conferma la regola, sarebbe bene seguire il buonsenso e dare fiducia nel medio-lungo periodo a chi si assume come allenatore, anche perchè crediamo che, con questi chiari di luna, non faccia piacere a nessuno avere tre o quattro tecnici a stagione a libro paga e quindi a bilancio. Immagini tratte da radiogoal24.it
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