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12/8/2016

Rio 2016. Protagonista lo sport e non solo…

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Storie, messaggi ed emozioni tra i cinque cerchi
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Di Annalisa D’Amico


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Logo di Rio 2016.
I giochi olimpici sono una delle mete più ambite; il sogno che tutti gli agonisti dello sport, almeno una volta, sperano di poter vivere. Durante l’ “Olimpiade” (un periodo di quattro anni che intercorre tra la fine dei giochi olimpici e la celebrazione dei successivi), decine di migliaia di atleti, da tutto il mondo, danno il tutto per tutto, sacrificando se stessi, maturando un enorme spirito di rinuncia e dedizione, per realizzare il sogno che loro stessi si sono costruiti, sfidando anche i propri limiti. I cinque cerchi costituiscono un’emozione senza pari, per chi vi partecipa e per chi vi assiste, non solo dal punto di vista della competizione sportiva. Inoltre, tutto, dalle delegazioni al Paese ospitante vuole raccontare una storia, essere portatore di un messaggio, di un simbolo; a dimostrazione del fatto che le Olimpiadi non sono solo una vetrina dello sport.
FotoLa delegazione del Team Rifugiati durante la cerimonia d’apertura
E’ ricca di messaggi significativi questa XXXI edizione dei giochi olimpici, che si sta svolgendo in queste settimane a Rio de Janeiro; messaggi d’integrazione che son partiti già dalla stessa cerimonia d’apertura; poiché nonostante le guerre e le sciagure quotidiane creino odio e divisioni, lo sport e la cooperazione ci possono tenere uniti e creare uno spirito in cui ognuno può contribuire a migliorare il nostro pianeta, rendendolo un posto migliore per il futuro. Sono presenti 207 delegazioni, di cui 205 Stati e 2 delegazioni sotto la bandiera del CIO ( Comitato Olimpico Internazionale) ; tra queste due delegazioni , la novità assoluta è stata l’introduzione del “ Team Refugee” ; atleti rifugiati , fuggiti da paesi in cui prevalgono odio e tirannia; per coltivare il loro sogno e lottare contro le vessazioni.


FotoIncontro di beach volley tra Egitto e Italia
Un importante segnale di integrazione e apertura, ad esempio, è provenuto dalla Copacabana Beach Arena. Fino al 2012, nel beach volley femminile, vigeva la regola e l’obbligo, di gareggiare in costume sulla sabbia; regola abrogata dal CIO, in favore di una maggiore libertà e rispetto delle tradizioni del Paese d’appartenenza; alle due atlete egiziane, infatti, è stato consentito di gareggiare indossando una tuta e il velo, ed è stato forte vedere questo progresso soprattutto perché fino ad una ventina di anni fa era impensabile che delle ragazze d’Egitto praticassero il Beach Volley come sport.


FotoLa nuotatrice statunitense Kathleen Baker alla premiazione dei 100m dorso.
Dietro le storie di campioni e dei loro successi sportivi, ce ne sono anche altre che vanno al di là di una gara; chi, in aggiunta ai sacrifici derivati da una pratica sportiva ad alto livello, lotta contro ostacoli ben più grandi. Un vero esempio è Kathleen Baker, nuotatrice statunitense appena diciannovenne, che da anni, oltre che con gli allenamenti massacranti, lotta anche contro una malattia cronica, il morbo di Crohn, con tutte le conseguenze debilitanti e sfiancanti che essa comporta (perdita di peso, scarso appetito, nausee frequenti, debolezza); la ragazza ha dimostrato da anni una caparbietà e una tenacia lodevoli, che l’hanno portata a vincere una splendida medaglia d’argento nei 100m dorso e lei in primis si augura che in molti possano ispirarsi alla sua storia.

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La ginnasta uzbeka quarantunenne OksanaChusovitina alle Olimpiadi di Londra 2012
Un altro emblema del coraggio e della determinazione è la ginnasta uzbeka, naturalizzata tedesca, Oksana Chusovitina. Nella sua carriera trentennale e pluripremiata ha gareggiato sotto diverse bandiere (con l’ex URSS, con l’Uzbekistan e con la Germania); una vera macchina da guerra, di 41 anni, giunta alla sua settima olimpiade (gareggia sulle pedane olimpiche da Barcellona ’92), ottenendo successi e spiccando nel suo attrezzo di punta il volteggio, che da sempre la trova sempre tra le grandi protagoniste a livello mondiale. Ma, in aggiunta a ciò, risaltano, tra le sue qualità, la sua forza straordinaria tirata fuori in campo gara e la capacità di superare i propri limiti fisici (la ginnastica artistica è infatti uno sport prettamente giovanile) e la dimostrazione di una tempra senza eguali anche nella vita; continua a gareggiare soprattutto per sostenere suo figlio, malato di leucemia.
Di fronte a queste storie e modelli di vita, non possiamo che inchinarci e prenderne ispirazione; lo sport non è solo il cercare la gloria nelle vittorie, non è fatto solo di scandali legati al doping e di scorrettezze, è una sfida con se stessi e con la vita. Non si vince solo alla fine di una gara; chi lotta ha già vinto alla partenza!


Immagini tratte da:
- 1, http://www.linkabile.it/wp-content/uploads/2016/08/olimpiadi-rio-2016.jpeg
- 2, https://qzprod.files.wordpress.com/2016/08/refugee_olympic_team-e1470449289463.jpg
- 3, http://images2.corriereobjects.it/methode_image/2016/08/07/Sport/Foto%20Gallery/AFP_E75L2.jpg
- 4, http://images.hellogiggles.com/uploads/2016/08/09023823/KathleenBaker.jpg
- 5, http://www.newsly.it/wp-content/uploads/2016/08/Oksana-Chusovitina.jpg


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