Con il ricordo di salsedine sulle labbra e del bikini che ha lasciato sulla nostra pelle solo un segno che sta già sbiadendo, riponiamo sospirando ogni ricordo legato alla stagione estiva. L'Autunno ha già investito in un abbraccio la nostra penisola. Ma davvero possiamo reputare la stagione che ci obbliga a tornare a scuola o a lavoro quella più triste? In realtà l'Autunno, insieme al suo turbinio di colori, alle sporadiche pioggie e all'abbassamento delle temperature repentine è uno dei periodi più belli dell'anno che si manifesta sorprendentemente nella natura. E cosa c'è di meglio di una passeggiata a una manciata di chilometri da casa propria? Una di quelle gite che ci permettono di uscire nel fine settimana e di fare qualche passo immersi nella natura, magari andando a raccogliere qualche castagna. Le castagne! Simbolo indiscusso dell'autunno! Quando durante la settimana gli impegni ci trattengono lontani dalla natura, perchè on andare a ricongiungerci con essa almeno il sabato o la domenica? I boschi in cui si possono trovare gli alberi di castagno sono soprattutto quelli di montagna o di collina. La regola è quella di non raccogliere mai i ricci che sono ancora legati all'albero ma solo quelli che sono già caduti, infatti essi sono quelli maturi. Un piccolo consiglio per chi ama avventurarsi nei boschi è quello di indossare sempre degli scarponcini che consentano di camminare meglio su superfici che possono essere coperte da foglie e scivolose. Un impermeabile di plastica vi proteggerà da acquazzoni improvvisi e... ultimo ma non meno importante: una volta raccolte, le castagne, devono essere riposte in un cesto che le lasci traspirare,da evitare sono quindi borse di plastica, altrimenti le vostre castagne si rovineranno. Per chi parte da Milano, in provincia di Como gli alberi di castagno sono reperibili nei boschi a Casasco d'Intelvi e nel bosco di Monte Sacro e Campo dei Fiori in provincia di Varese. Il regno delle castagne si trova nel Piemonte dove a Normaglio c'è persino un museo dedicato a questo frutto, mentre in Emilia Romagna è stato creato un sentiero che si snoda fra i celeberrimi castagneti storici di Montombraro, Fellicarolo, Fontanaluccia, Magrignana per finire in Toscana a Monzone. I monti de la Laga e il Parco Nazionale del Gran Sasso sono un'ottima destinazione per trovare boschi ricchi di castagneti. Scendendo giù verso Caserta, vale la pena fare un salto sul Monte Faito. In Sicilia il castagneto più grande è alle pendici dell'Etna. Il frutto del castagno è molto versatile in cucina sia nella variante dolce che salata. Ottimo accostato al coniglio e sublime con combinazioni in cui padroneggia con il cioccolato. Il loro apporto energetico è di 193 kcal ogni 100 g e sono costituite in maggior parte da carboidrati. Ultima curiosità! Sapete dove maturano prima le castagne in Italia? Si potrebbe forse pensare che ciò avvenga al Nord Italia, invece la risposta esatta è a Roccamonfina, provincia di Caserta, dove il Santuario francescano dei Lattani è circondato da alberi di castagno e i frati francescani si prendono cura del loro piccolo tesoro. Gustatevi un buon piatto di castagne arrosto e poi ditemi!
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Quanti di noi da bambini alla domanda "Cosa vorresti fare da grande?" hanno risposto "L'esploratore!"? Per quanto all'epoca potesse suonare bizzarro alle orecchie di tutti i parenti, oggi siamo tutti un po' esploratori costantemente in giro per il mondo. Ogni viaggio, però, non è solo una scoperta dei luoghi, delle persone e delle tradizioni di un altro paese ma è anche la rivelazione del nostro essere, insomma, "chi viaggia scopre due volte": il mondo che lo circonda e la relazione che instaura con esso. Pensiamo ai milioni di esploratori che invadono ogni giorno le grandi città del mondo, anzi, fingiamo di chiedere la loro macchina fotografica in prestito e sbirciamo fra gli scatti catturati dall'occhio meccanico: ogni esploratore è custode di immagini uniche e molto differenti da quelle di un altro.
"Chi viaggia resta senza parole e si trasforma in un cantastorie" diceva Ibn Baṭṭūṭa, uno degli esploratori più famosi, insieme a Marco Polo, nel Medioevo. È con lo stesso spirito che nasce questa rubrica: il desiderio di condividere non solo informazioni preziose ed itinerari ma anche quello di confrontare le esperienze che ci hanno arricchito. Musei, luoghi d'incontro, ristoranti, posti bizzarri, itinerari standard e percorsi avventura, a piedi, in bici, utilizzando i trasporti pubblici o chiamando un taxi ma anche aspettative, delusioni e novità! Sono proprio curiosa di sapere cosa ne pensate dei posti che scopriremo insieme! Lorenza Gerratana Se conoscete la parola Finlandia solo tramite i gruppi metal più famosi al mondo come Sonata Arctica o Nightwish, allora vi tornerà utile leggere questo articolo. Molti italiani decidono di investire gran parte delle loro risorse per trascorrere in tutto relax uno o due giorni in una Spa. Se volete rilassarvi davvero ed entrare interamente in contatto con la natura, prendete un volo per Helsinki e poi attraversate in lungo e in largo questa terra meravigliosa, superiore per estensione all'Italia ma con una densità, pensate, di 18 abitanti per kmq! Come se l'intera popolazione della Lombardia o della Sicilia si trasferisse in una terra più grande del nostro attuale stato. Eppure il territorio della Finlandia o Suomi è composto dal 10% di specchi lacustri, parlando di numeri più di 180 mila laghi! Una immagine che vi sarà molto chiara se volate sul territorio finlandese, dove il verde dei prati e dei boschi si mescola a quello argenteo dei laghi, per lasciare pochissimo spazio alle città che non rinunciano mai ad inserire nel piano urbanistico grandi aree verdi. Sapevate che in Finlandia è possibile raccogliere liberamente i frutti che nel bosco si trovano? Infatti, il valore della natura supera quello del possesso personale. Potrete raccogliere così dei frutti di bosco da aggiungere al vostro impasto per praparare la Pulla, dolcetto finlandese a base di cannella e cardamomo. Scateniamo l'ira degli animalisti, ma facciamo esplodere di gioia le nostre papille gustative: qual è il piatto forte della cucina finlandese? Il poronkäristys, carne di renna solitamente stufata con purè di patate o mirtilli rossi!
Mentre gli adulti pensano a come gustarsi un bel piatto di renna, i bambini conoscono la renna come l'animale che traina il carro di Babbo Natale per aiutarlo nella difficoltosa distribuzione dei doni. E indovinate un po' ? Anche Babbo Natale è finlandese, abita nella regione più fredda della Finlandia, in Lapponia, nel Circolo polare artico. La sua abitazione, inserita nel villaggio di Santa Claus, si trova a Rovaniemi ed è visitabile ogni giorno dell'anno, infatti l'estate è intensa ma brevissima, mentre per il resto dell'anno regna il gelo.
Chi visita la Finlandia d'estate sarà colpito dall'insolito durare del giorno che può durare fino a 18 ore, un problema per chi ama addormentarsi al buio! La capitale, Helsinki, ospita il parlamento, sette università e le sedi dei vescovi evangelico-luterano, cattolico e russo-ortodosso. Le due cattedrali maggiori, una luterana e dallo stile neoclassico, l'altra ortodossa Uspenski di tradizione architettonica bizantino-russa e terminata nel 1868, si guardano da lontano in un assoluto gesto non di sfida ma di concordia.
Proprio la parola Concordia ha uno spazio nel frontone dell' Ateneum Art Museum, il museo nazionale finnico di Helsinki che attira lo sguardo del visitatore con la sententia sallustiana di grande fama Concordia res parvae crescunt.
Quello della Finlandia è un piccolo mondo legato al passato, alle tradizioni ma anche alla magia e allo spiritualismo della natura. Fate, gnomi e spiritelli dispettosi invadono la vita di ogni abitante. A dare loro una forma sotto il nome di Mumin che segna l'infanzia di ogni bambino finlandese è stata l'illustratrice Tove Jansson scomparsa nel 2001 e appartenente alla minoranza finlandese di lingua norvegese.
La storia di indipendenza della Finlandia è stata lunga e travagliata. Fin dal 1154 restò sotto il dominio degli svedesi per più di sette secoli che riuscirono a imporre come lingua lo svedese ma dal XIX secolo il finlandese ha ripreso vigore con le spinte nazionaliste finlandesi seguite dal Kalevala, racconto nazional-epico scritto da Elias Lonnrot in careliano, dialetto finlandese. "La terra di Kaleva" questo è quello che significa letteralmente il titolo del poema che rimanda al mitico pregenitore della stirpe finnica Kaleva. Conquistata nel 1809 delle armate dello Zar Alessandro I, solo nel 1917, dopo la rivoluzione d'Ottobre in Russia, ottenne l'indipendenza. Il 1918 è segnato da un tentativo di stabilire una monarchia che sfocia in una sanguinosa guerra civile e finalmente nel 1919 nasce la Repubblica di Finlandia. Nonostante la sua giovane età, la Finlandia può vantarsi di essere uno degli stati più ricchi al mondo, con un reddito pro capite di quasi 49 mila dollari e una qualità della vita altissima. Questo paese, nonostante sia uno dei più pacifici al mondo, è uno fra i più competitivi. Sorvolando su tutte le aziende di elettronica, basta pensare che la Finlandia è la patria del design diventata celebre prima grazie allo stile di Alvar Aalto e a quello di Steven Holl, più recentemente.
Durante l'inverno il Mar Baltico si ghiaccia e ci si può anche passeggiare sopra. Inoltre si può rimanere nella zona portuale per mangiare o anche acquistare prodotti tipici al Kauppatori, il mercato al coperto, uno dei luoghi più famosi della città. Questo è solo un assaggio delle meraviglie finniche. Di stranezze, poi, ce ne sono a bizzeffe. Come il Mobile Phone Throwing World Championships o il Campionato di trasporto della moglie.
I finlandesi sì che si divertono con poco! E poi tutti a fare una bella sauna in un caldo ambiente dove tutti ci si spoglia dei propri vestiti che sono un po' una maschera che intrappolano il nostro corpo. Ve l'avevo detto che il popolo finlandese è molto competitivo? La Finlandia vanta uno dei sistemi educativi migliori al mondo basato sull'eliminazione del carico di studio a casa, una pausa di dieci minuti ogni ora di lezione e più sport: provare per credere! Inoltre, la lingua inglese è quella più parlata dopo il finlandese stesso e se vi perdete ad Helsinki, potrete chiedere informazioni persino alle nonnette che vi guideranno alla meta con un inglese sicuro e dalla buona pronuncia, non stupitevi se migliore del vostro! Sapevate che al parlamento finlandese esistono le cosiddette quote azzurre? Infatti, una legge stabilisce la parità di genere: in Finlandia sono più le donne al Parlamento che gli uomini! Sarà la competitività e l'impegno che fanno della Finlandia il maggior consumatore di caffè al mondo con un consumo di ben 12 kg di caffè pro capite? Forse la competitività, ma di sicuro quando un bambino finlandese nasce in un ospedale è uguale a tutti gli altri, infatti a tutte le madri viene donata una scatola piena di pannolini e prodotti necessari al bambino e la scatola funge da culla nei primi giorni di vita del nuovo arrivato.
Allora, quando ci trasferiamo? Immagini tratte da:
29/8/2016 Il terremoto che ha colpito il cuore dell’Italia : la cultura da salva(guarda)re.Read NowOre 3.36. In una notte di fine estate, le case sopite dei borghi di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto vengono scosse, sconvolte, distrutte in una manciata di secondi. All’alba del nuovo giorno si scava a mani nude per estrarre il bene più prezioso di una comunità, la vita. Ci sarà tempo per le domande, per le risposte e per arrabbiarsi. Ci sarà il tempo per stabilire le responsabilità e per fare la conta dei danni. Ma non sarà mai abbastanza il tempo per piangere, piangere le vittime che si sono addormentate sotto quello che delle loro case resta, una culla di macerie. Ma quella maledetta notte non ha solamente strappato via i figli a una madre o la madre ai figli, non ha cancellato intere famiglie e privato della vita un numero impronunciabile di vittime. A soffrire, sotto il peso delle macerie, sono anche i luoghi di interesse che rappresentano una intera comunità. Se muore una chiesa, un monumento, se un museo cittadino viene distrutto, anche la comunità muore, muore l’identità anche dei sopravvissuti e di coloro che non sono fra il loro numero. Questi piccoli borghi, che forse saranno solo ricordati perché luoghi in cui tutta la crudeltà della natura si è mostrata, sono sempre stati gioielli di storia e cultura. Per questo motivo in questa sede non si deciderà di elencare alcuna vittima del terremoto, non perché si finga che non ve ne siano state, non perché ogni singola vita spezzata non abbia avuto un peso, anzi, attraverso le meraviglie di questi posti, anche le vittime rivivranno, perché esse fanno parte della memoria storico-culturale del luogo in cui sono vissute fino all’ora indicata all’inizio di questo articolo, perché la memoria è vita e attraverso questa esse non periranno mai. Ad Amatrice nel 2010 è stato allestito il Parco delle Miniature, un percorso turistico-ambientale per scoprire le bellezze del territorio ed evocare quelle del Parco Nazionale del Gran Sasso e dei monti della Laga. Questo percorso illustra anche le bellezze architettoniche di Amatrice come il complesso monumentale di San Francesco, della seconda metà del Trecento, la Rocca di Calascio e la chiesa di Santa Maria dell’Assunta di Assergi. Il ‘giardino della conoscenza’ è collocato fra Porta Carbonara e la chiesa cinquecentesca di Sant’Agostino, con la storica targa che reca l’iscrizione del nome dell’architetto amatriciano Giovanni. Per essere un borgo così piccolo, Amatrice vanta numerose chiese romaniche e gotiche grazie anche alle quali il borgo aveva ottenuto nel 2015 il riconoscimento come uno dei più belli d’Italia.
Da sinistra: Corso di Amatrice; Rocca Calascio; Chiesa di Sant’Agostino
Accumoli, il piccolo borgo dalla storia molto antica, conserva monumenti storici che risalgono all’età podestarile italiana. La grande torre a base quadrata e il palazzo del podestà, sono i grandi simboli di una micro-storia incastonata nel ciclone politico dell’età Medievale d’Italia. Palazzo Marini è forse una delle strutture architettoniche più interessanti per la sua complessità ed eleganza. Tardomanierista, così come gli affreschi di ispirazione, esso fu adattato al pedio della strada ed affascina con il suo portale bugnato a punta di diamante con colonne tortili a capitello ionico e zampe di elefante. Palazzo Cappello, sorto nel Seicento, si erge sull’antica rocca e pare che il terzo piano sia stato eretto ma lasciato originariamente al grezzo, si dice, per privare della luce il sottostante Palazzo Marini.
Da sinistra: Accumoli, panorama; Palazzo Marini; Palazzo Cappello.
Arquata del Tronto, nel territorio marchigiano, è forse il borgo più antico fra quelli citati. La sua storia affonda le radici nell’alto Medioevo, quando il territorio di cui faceva parte era definito Terra Summantina. Durante l’800 fu probabilmente attraversata da Carlo Magno per raggiungere Roma ed esservi incoronato. Nel XIII secolo con il contributo di Amatrice e Ascoli venne costruita sulla rupe a nord la Rocca. Nello Statuto di Arquata del 1574 si legge «Che alcuno non se parta della terra d'Arquata e suo contado con animo de non ritornare a detta terra», una frase che l’ha resa famosa. Non solo di frasi è ricca Arquata, ma anche di fatti. Nel 1849 da Acquasanta Terme, dove Garibaldi in persona aveva fatto una sosta e aveva fumato un sigaro, egli era giunto ad Arquata dove era stato festivamente accolto, prima di dirigersi su Roma. Anche qui una chiesa del Cinquecento dedicata a San Francesco dove viene conservata la Sindone di Arquata. Decorazioni lignee, affreschi e un vasto reliquario, nulla da invidiare, anzi, ad altri borghi di piccole dimensioni
Da sinistra: Arquata del Tronto, panorama; San Francesco; Sacra Sindone di Arquata.
Circondata dalle aree protette del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e il Parco Nazionale del Gran Sasso, Pescara del Tronto si formò grazie allo spostamento di piccole comunità scappate a causa dei saccheggi che avvenivano sulla riviera. La sua importanza accrebbe in seguito al passaggio del via Salaria, costruita in epoca romana. Le testimonianze più antiche sono stemmi, date o bassorilievi raffiguranti forbici nelle botteghe di chi probabilmente era una sarto o un tosatore di pecore. Ma è del 313 d.C. la concessione di libertà di culto da parte di Costantino di edificare la chiesa della Croce, che conserva una piccola reliquia trasportata a Pescara del Tronto da un uomo sconosciuto che partecipò alle crociate. La chiesa della Croce presenta un’architettura strutturalmente semplice con una torre campanaria. Venne usato come luogo di sepoltura per le famiglie più importanti, ma in seguito ad una epidemia verso la fine del Novecento, venne creato un cimitero comune. Ma questo luogo sacro oltre ad una storia antica custodisce anche una croce astile del XIII secolo giudicata fra quelle conservate meglio attualmente che segue i canoni dello stile bizantino.
Da sinistra: Pescara del Tronto; Chiesa della Croce; Croce astile del XIII sec.
Queste sono solo alcune delle grandi bellezze di questo territorio, cuore dell’Italia. Piccoli borghi con grandi tesori su cui ancora una volta queste popolazioni dovranno fare sapientemente riferimento per rialzarsi e tornare a splendere. Salvare la propria storia, il proprio passato, significa salvaguardare il proprio futuro. Questi luoghi della cultura e della storia sono giunti senza poche difficoltà a così tanti secoli dalla loro fondazione sino a noi. La nostra speranza è che possano rinascere dalle proprie ceneri per continuare a raccontare la storia di ogni uomo legato a questi luoghi. Anche la memoria, come le ferite, deve essere rimarginata.
Immagini tratte da: - Galleria 1-2-3 da www.lagagransasso.it, www.roccacalascio.info, www.paesionline.it - Galleria 4-5-6 da www.prolocodiaccumoli.it, www.gransassolagapark.it, www.altamontagnabio.it - Galleria 7-8-9 da www.rete.comuni-italiani.it, www.destinazionemarche.it, www.newsgo.it - Galleria 10-11-12 da www.picenopass.it, www.sibilliniweb.it, www.pescaradeltronto.altervista.org
Fin dal Medioevo esistevano strade che percorrevano molti territori dell’Europa per assicurare ai pellegrini una via fino alla meta prefissata. Una delle più famose ancora oggi è quella di Santiago di Compostela, nota meta di pellegrinaggio nella Galizia, dichiarato ‘Cammino Culturale del Consiglio d’Europa’. Anche in Italia, con la stessa dignità di quello spagnolo, esiste ed è tuttora percorribile un cammino che ai tempi di Sigerico, l’arcivescovo di Canterbury, fu descritto ampiamente intorno al Mille, quando la paura della fine del mondo investiva i cittadini d’Europa. Proprio da Canterbury la via Francigena o via Romea conduceva i pellegrini che partivano dall’Inghilterra e quelli che si univano a loro lungo la strada, sino a Roma, sede del Papato e cuore della cristianità. Sigerico stesso attraversò il cuore dell’Europa, facendo ‘un giro dell’Europa in 80 giorni’! In realtà di giorni ne impiegò esattamente 79 ma le città da lui attraversate erano 80 e ad ogni tappa si univano pellegrini. La via Francigena si snoda per un complessivo di 1800 km partendo da Canterbury e attraversando Francia, Svizzera e sette regioni italiane, Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Liguria, Toscana e Lazio per un totale di 44 tappe solo in Italia. Lungo il cammino erano presenti, e in alcuni casi possono ancora oggi essere visitati, luoghi in cui il pellegrino poteva ristorare lo spirito e il corpo per la tappa successivao. Per questa ragione molte delle strutture del cammino mostrano ancora i segni dell’arte romanica e rappresentano in sé una testimonianza viva della cultura religiosa e della spiritualità dell’uomo del Medioevo, disposto a compiere un viaggio spesso tutt’altro che sicuro per la purificazione della propria anima. Quello che fa ancora oggi il cammino lungo la via Francigena, liberare l’anima dal monotono peso dei giorni che gravano come macigni allontanandoci dalla natura, dalla nostra essenza e dalla vera meraviglia dei paesaggi di cui più il cuore che la mente si arricchisce. Nei tempi antichi la via che conduceva a Roma non rappresentava un percorso del tutto sicuro e anche se i pellegrini non erano mai soli, poiché a loro finivano per unirsi anche intellettuali, mercanti e soldati mercenari, la via era sempre tenuta d’occhio da briganti che non raramente tendevano imboscate ai malcapitati privandoli dei loro averi. Per questa ragione non esiste un’unica via, ma fasci di vie che conducono alle stesse tappe e da cui poi proseguire, anche se non si trattava certamente di vie segrete ed il fatto che i pellegrini viaggiassero in gruppo li rendeva del tutto rintracciabili sul territorio. Essendo attraversata da mercanti, artigiani, mercenari oltre che da pellegrini, la via Francigena finì per costituirsi come strada che portava in territori del centro nord europeo e lungo la quale, prendendo lo ‘svincolo’ desiderato si poteva accedere in altri territori fino a giungere in Inghilterra, praticamente a qualche centinaio di chilometri da Londra, già centro economico e politico più importante.
La storia della via Francigena o Francesca in Italia appare ancora più curiosa e complessa. Il percorso, infatti, si snoda lungo il Piemonte e la Liguria, saltando sapientemente il cuore dell’Emilia Romagna e la sua pianura. La via Francigena in Italia rappresentava infatti una via sicura per i Longobardi che ne facevano uso per difendere anche i loro territori aldilà dell’Appennino. Proprio perquesto venne prevista anche una tappa a Pavia, capitale del regno Longobardo, ma il percorso non si insinuò mai pienamente nei territori centrali dell’ Emilia Romagna, soggetti all’influenza dei nemici Bizantini. Con la supremazia dei Franchi e Carlo Magno il cammino venne ulteriormente accresciuto e rinforzato. Con l’intensificarsi di strade e percorsi, esso si configurò come un’area di strade, tutte Francigene ma probabilmente con funzioni diverse. I punti d’accesso in Italia non erano rappresentati solo dal Piccolo e dal Gran San Bernardo, ma anche dal Monginevro e dal Moncenisio, uno dei più frequentati per la presenza dell’abbazia di Novalesa e della Sacra di San Michele dove, come si legge dal manzoniano Adelchi, Carlo Magno arrestò l’esercito del figlio di Desiderio, re dei Longobardi. Da Pavia, il percorso rammenta fra le tappe Piacenza e Fidenza per arrampicarsi sugli Appennini toccando Fornovo e Berceto. La via toccava anche fasce costiere, come nel caso della città di Pietrasanta, ma in seguito agli attacchi dei pirati, si svilupparono tappe più sicure come quelle di Camaiore, Lucca e Altopascio. Superando la Val d’Elsa e Siena, dove innestandosi per un tratto sulla Cassia, attraversavano Viterbo e Sutri, già territorio della Chiesa dopo la donazione di Liutprando al papa Gregorio II del 728, i pellegrini preferivano poi allontanarsi dalle aree considerate malsane della via Cassia, arrivando al piazzale di San Pietro dal lato destro, detto per questo Ruga Francisca, “la strada dei Francesi”. Quella dell’arcivescovo Sigerico non è l’unica testimonianza della via Francigena; intorno al 1154 un altro religioso, l’irlandese e monaco benedettino Nikulás da Munkaþverá completò un pellegrinaggio lungo una via sostanzialmente non diversa da quella dell’arcivescovo inglese, ma dopo aver raggiunto Roma, proseguì sull’Appia Traiana per imbarcarsi dai porti pugliesi fino in Terra Santa. Proprio per questa ragione c’è chi parla di via Francigena, o meglio di via Sacra Longobardorum del Sud. Essa aveva come tappa intermedia anche la Basilica Minore di San Michele nel Gargano in provincia di Foggia, dove lungo la scalinata che porta alla grotta i pellegrini hanno lasciato le proprie ‘firme’, spesso una croce o il simbolo di essa, un semplice T, tau in greco, o preghiere di estremo interesse per l’ambito della linguistica storica e l’evoluzione della lingua latina. La basilica di San Michele non rappresenta, tuttavia, solo una tappa della via Sacra nella Longobardia Minore, ma si innesta anche in un sistema di santuari ‘gemellati’: in Val di Susa si trova la Sacra di San Michele e quella di Mont-Saint-Michel in Normandia. I tre santuari si trovano tutti ad una distanza di circa 770-790 chilometri l’uno dall’altro e se si traccia una linea retta che parte dalla Normandia, essa attraversa sia il santuario in Val di Susa che quello del Gargano per arrivare direttamente a Gerusalemme, la Terra Santa. Se credete alla coincidenze, questo luogo resta sempre uno dei più interessanti da visitare e tanto la via Francigena a nord, quanto la via Sacra a sud, rappresentano delle vie piene di paesaggi incantevoli ma raffigurano trasversalmente anche la religiosità che vincola indissolubilmente il nostro paese alla storia della città Eterna e Santa, meta di pellegrinaggi e simbolo della cristianità. Se, però, credete che ci sia un significato nascosto, un mistero da scoprire, nella retta che dalla Normandia porta direttamente alla Terra Santa, un modo per confermare la propria ipotesi è proprio abbandonarsi alla magia della via Francigena che, oltre a guidare il vostro corpo da un capo all’altro dell’Europa, si mostrerà un valido mezzo per discernere gli angoli della vostra anima da cima a fondo.
Immagini tratte da:
-Immagine 1 da www.easyroomviterbo.it -Immagine 2 da www.trevisoeasy.it A chi piace viaggiare in macchina immersi nelle strade che si snodano nel vasto e vario territorio italiano, sarà accaduto molte volte di notare in cima ad un'altura o dolcemente cullata dal bosco intorno, qualche città all'apparenza del tutto normale. Entrando, invece, si scoprono luoghi dove il tempo si è fermato per decenni. L'ufficio postale non spedisce più telegrammi, il teatro resta muto, squarciato e con i balconcini in bella vista, la campana della chiesa non scandisce più le ore del giorno: l'unica melodia inquietante è quella del vento che accarezza le vecchie case, i ruderi, le macerie che restano di un passato non troppo remoto. Eppure il nostro Paese è ricco di questi scenari, piccoli frammenti della vita dagli anni '20 agli anni '70. Alcuni paesini, sorti in posti difficili da raggiungere sono stati abbandonati proprio per questo motivo oppure, situati in una zona ad alto rischio di terremoto, dopo alcune scosse disastrose, non sono più state reputate sicure. Così ogni regione d'Italia ci offre storie di cittadine diverse che rappresentano, insieme a quelle degli abitanti, una pagina della storia popolare. Partendo dalla provincia di Savona, il primo villaggio molto suggestivo è Balestrino, un borgo abbandonato a causa degli smottamenti, ma che mostra ancora in tutta la sua imponenza il castello dei del Carretto. Il borgo fu chiuso al pubblico nel 2013 ma dal 2015 i lavori di ristrutturazione sono partiti. Quasi al confine con la Svizzera, si erge Erbareti, un grazioso borgo con data di fondazione 1610, probabilmente luogo di confino di galeotti e che registra già nel 1970 un solo abitante. Il borgo è famoso anche per la leggenda del Sasso del Diavolo che ebbe come protagonista una donna che riuscì a gabbare il Diavolo in persona il quale lasciò, come segno della sua ira, l'impronta di uno zoccolo su un masso ancora visibile lungo la strada che porta al paese. Quasi completamente isolata, a meno che non siate appassionati di trekking o degli escursionisti provetti, è Savogno, in provincia di Sondrio. Inserita nello scorcio paesaggistico delle Cascate di Acquafaggia, prima di raggiungerla devono essere percorsi 2800 gradini, ma una volta abbandonata alle spalle la fatica, il borgo di Savogno vi stupirà con la chiesa di San Bernardino del 1495 ed i suoi affreschi Rinascimentali. Dal 1950 il suggestivo campanile della Chiesa di Curòn Venosta è stato sommerso dall’acqua, come anche tutto il villaggio che lo circondava. Il Lago di Resia, da cui ancora oggi emerge parte del campanile, aveva una funzione centrale nella produzione di energia idroelettrica, ma il progetto comportò l’allagamento del borgo. Il panorama suggestivo diventa magico d’inverno, quando il lago si ghiaccia e consente ai visitatori di avvicinarsi al campanile, recentemente ristrutturato. Questi paesaggi offrono un panorama unico, rivelandosi luoghi del silenzio avvolti da mistero. Non mancano luoghi in cui sono stati commessi delitti come il borgo in Friuli Venezia Giulia, nella località di Pozzis dove venne registrata una “follia di massa” che coinvolse numerose donne e un giovane e nel 1996 una donna venne uccisa dall’unico abitante rimasto nel paese, un uomo dalla personalità stravagante che aveva affisso un cartello che servisse come monito ai ladri in cui aveva scritto “ Ai ladri di selle e di cavalli vengono impiccati”. Alcuni di questi borghi sono molto lontani dai centri abitati e sfuggono al controllo delle autorità. Alcuni sono nati per le vicinanze ad una miniera o ad una osteria, come nel caso di California, in provincia di Belluno, dove un rifugio ospitava all’inizio i viandanti. Il riferimento alla California dell’America del Nord è dovuto alla corsa all’oro, il borgo di California si presenta infatti come un villaggio minerario che ospitò molte famiglie di cui i componenti erano impegnati nell’estrazione del mercurio e disabitata dal 4 Novembre 1966, quando la miniera fu chiusa. In Emilia Romagna, nel piccolo borgo di Bozzi vivono solo due persone con età superiore ai 75 anni. La melodia della natura che si riproduce in tutte le stagioni è la compagnia ideale per chi ha bisogno di rilassarsi a contatto con la natura e fare delle escursioni non estremamente pesanti. A pochi chilometri da Pisa, affascina chi lo visita il borgo antico di Toiano che vanta una fondazione medioevale, numerose volte ceduto, conquistato o sconfitto da fiorentini, Lucchesi o Pisani. Il ponte che fa da ingresso al grazioso borgo doveva essere un tempo un ponte levatoio. Un progetto di recupero è nato grazie alla fama del concorso letterario di Oliviero Toscani, anche se Toiano ha fatto scrivere pagine di inchiostro di cronaca nera per il ritrovamento del cadavere di Elvira Orlandini, che nel 1947 ha avuto una eco nazionale e venne ricordato come l’omicidio della ‘Bella Elvira’. Luoghi questi che vengono abbandonati all’inizio del Novecento ma che erano molto popolati in precedenza, come il caso di Scoppio, in Umbria, dove fino al 1750 vivevano ben 25 famiglie. Dal 1979 gli edifici di Monterano, in provincia di Roma, giacciono in uno stato di abbandono e le istituzioni non hanno risorse necessarie alla conservazione degli edifici, senza contare la difficoltà per raggiungerli; in Abruzzo, per arrivare a borgo Morino Vecchia, bisogna lasciare la propria macchina e proseguire a piedi, perché la strada oltre ad avere un fondo non asfaltato, ha una larghezza inferiore a tre metri; dopo il terremoto del 1915 nella Marsica, venne quindi abbandonato. In provincia di Isernia, si erge ancora fiero su Rocchetta Alta il castello Battiloro, che prende il nome dall’ultima famiglia che acquistò il borgo e che si estinse con la morte dell’ultimo erede nel 1814. Il borgo che vanta la fondazione più antica è sicuramente il borgo di Craco, in Basilicata, i primi abitanti furono, infatti, i greci di Metaponto. Fino al 1963 il borgo era popolato, ma a causa di lavori infrastrutturali che provocarono vari smottamenti e con l’alluvione del 1972 e il terremoto del 1980, gli abitanti decisero di spostarsi in un luogo più sicuro. Uno dei quartieri più suggestivi è il Canzoniere, dove una oste, donna di straordinaria bellezza, serviva la carne degli uomini che si erano invaghiti di lei, dopo averli uccisi e messi sotto aceto. Craco è stata anche set, insieme a Matera, del film La passione di Cristo. Similmente sgomberata fu Roscigno Vecchia, nella provincia di Salerno, dove però fu il genio civile a determinare l’abbandono del borgo per inagibilità. Qui, dopo la morte dell’ultima donna che vi abitava, un nuovo abitante si è stabilito in un’abitazione sulla piazza. Giuseppe Spagnuolo, con una personalità travolgente, accompagna i turisti e i curiosi con trasporto nelle strade di Roscigno fino a guidarli dentro il museo contadino. Grazie al riutilizzo di materiali provenienti dal borgo antico, spostati dagli abitanti nella nuova Roscigno, il borgo è stata definito “il paese che cammina”. Se si dovesse pensare che questi borghi non hanno avuto alcun ruolo nella storia, si commetterebbe un errore in partenza. In provincia di Lecce, per esempio, il villaggio di Roca Nuova aveva addirittura ricevuto finanziamenti dal re Filippo II di Spagna e aveva conquistato una posizione centrale nei trasporti marittimi e nel commercio. Il progetto di recupero del borgo ha visto coinvolte le numerose torri che la circondano. Di solito gli abitanti che abbandonavano i borghi per motivi di sicurezza in seguito a scosse di terremoto, alluvioni o smottamenti del terreno, ne ricostruivano uno nuovo a valle o in luoghi reputati più sicuri ma comunque appartenenti allo stesso distretto territoriale. Il caso del borgo di Roghudi Vecchia sorta nel 1050, è del tutto particolare. Venne abbandonata nel 1971 e gli abitanti furono distribuiti nei comuni limitrofi. Dopo diciotto anni però sorse la Nuova Roghudi nel comune di Melito di Porto Salvo, distante 40 km dal borgo antico! Il caso regolare, invece, è quello di Poggioreale che, dopo essere stato colpito dal terremoto del Belice nel 1968, è stato abbandonato dai suoi abitanti che decisero di spostarsi più a valle per costruire una città più sicura e con strutture all’avanguardia per il periodo. Il borgo conserva ancora tutto il suo fascino insieme all’antico ufficio postale, la chiesa che troneggia sulla piazza in cui alcune case giacciono piegate dal terremoto. Il teatro è squarciato e la facciata non è più esistente. L’enorme spazio lascia al visitatore l’opportunità di vedere il teatro, o meglio quello che resta, al suo interno. Nelle case di alcuni edifici, sono rimaste, sfidando la gravità, il tempo e le intemperie, le ringhiere da cui una volta ci si affacciava. E poi dalla strada è ancora possibile vedere all’interno delle case, tavoli da cucina con qualche bicchiere ancora sopra, piatti rotti e scarpe vecchie, quello che resta dopo un disastro che ha portato via centinaia di anime, macerie ovunque. Due dei borghi più affascinanti per la loro funzione, sono quelli di Ingurtosu e Naracauli, nel comune di Arbus a sud della Sardegna, villaggi minerari da cui si estraevano argento, piombo e zinco. Abbandonati nel 1968, le persone che vi abitavano raggiungevano il numero di seimila. Anche il proprietario delle miniere viveva in loco e oltre ai quartieri del borgo si vede ancora la grande Villa Wright, anch’essa ormai disabitata. Questa rappresenta solo una piccola percentuale delle città fantasma in Italia, ognuna con la propria storia. Tutte hanno caratteristiche diverse, alcune sono accomunate da disastri idrogeologici, altre da terremoti. Alcune sono state abbandonate perché non fornivano più lavoro a coloro che vi abitavano, altre perché troppo difficili da raggiungere. Borghi che dormono nella culla del tempo, aspettando di essere risvegliati da un breve set cinematografico, curati e riportati alla vita da cittadini ed istituzioni che non dimenticano la loro storia che affonda le proprie radici nella notte dei tempi.
Immagini tratte da: - Balestrino : www.comune.balestrino.it - Erbareti : www.comune.sabbia.vc.it - Savogno : www.gmmilano.org - Curòn Venosta : www.suedtirolerland.it - Pozzis : www.arzino.it - California : www.trekkingo.altervista.org - Bozzi : www.gazzettadiparma.it - Toiano : www.junglekey.it - Scoppio : www.iluoghidelsilenzio.it - Monterano : www.laziodirectory.org - Morino : www.printerst.com - Rocchetta : www.paesifantasma.it - Craco : www.basilicatadiscover.com - Roscigno : foto dell’autore. - Roca Nuova : www.losguardodiomerofestival.it - Roghudi : www.paesifantasma.it - Poggioreale : www.pratosfera.it - Naracauli : www.paesifantasma.it Siete ancora indecisi e non sapete dove andare in vacanza? Vorreste poter stare tranquilli al mare ma avere anche qualche avventura in un posto pieno di tradizioni, storia e buona cucina? Fidatevi, andate a La Maddalena! L'arcipelago prende il nome dalla sua isola più estesa, che in gallurese è Madalena. Per raggiungere questo luogo, per chi arriva dalla Sardegna, è un piacere attraversare le strade che portano fino a Palau, il porto dal quale salpare direttamente per la nostra meta, in pochissimo tempo si è già arrivati. La campagna prima e il mare, di un azzurro travolgente, sono una premessa elettrizzante: la natura nell'arcipelago ha creato un quadro di colori particolarmente armoniosi che ha reso da sempre il Parco Nazionale dell'Arcipelago di La Maddalena, area protetta in mare e in terra, famoso non solo per le sue acque limpide, paragonate a quelle caraibiche, ma anche per la sua vasta vegetazione. Scorci paesaggistici L'arcipelago offre anche molti musei storici da visitare, tra i quali il più importante è sicuramente quello dell'Eroe dei due Mondi, Giuseppe Garibaldi. Situato a Caprera, è facilmente raggiungibile, questa volta senza usare il traghetto, infatti un ponte che collega le due isole vi porterà fino a Caprera dove con un poco di pazienza, ancora completamente immersi nella natura, raggiungerete la Casa Bianca del Comandante dei Mille, sua dimora nell'ultima parte della sua vita e che ne ospita anche la tomba. Il museo, diviso in quattro fabbricati suggerisce al visitatore la vita di Garibaldi dalla sua giovinezza, all'avventura nel nuovo Mondo per poi raggiungere la zona in cui sarete affascinati dal Garibaldi attratto dalle idee mazziniane e l'epopea italiana. Completano il Museo Nazionale anche gli oggetti da lui utilizzati durante la senilità, comprese le carrozzelle di cui faceva uso per spostarsi. Un luogo che ci catapulta nella storia e invita alla riflessione di unità del nostro Paese. Dedica per Garibaldi di Carducci; Busto di Giuseppe Garibaldi presso Museo Nazionale di Caprera Le spiagge di La Maddalena sono molto varie ma uniche nella loro bellezza. Da una delle più famose nell'isola di Budelli, la cosiddetta Spiaggia Rosa, dal colore della sabbia, dove è stato girato il film di Michelangelo Antonioni, Deserto Rosso, ad altre che prendono il nome da rocce che il vento ha modellato nel tempo, come la spiaggia di Testa del Polpo; alcune sono attrezzate di bar e tutti i servizi necessari per famiglie con bambini ma se amate le avventure non potrete perdervi la “famigerata” spiaggia di Cala Coticcio che ha preso il nome di Tahiti! Dalla sabbia bianca e finissima, quasi nessuno o almeno solo i turisti più valorosi osano raggiungerla. Regola d'oro: vietato andare in infradito! Dimenticate di essere chic e indossate un bel paio di scarpe comode di tipo sportivo o da trekking ! Saranno necessari almeno 30 o 40 minuti attraverso un sentiero impervio per arrivarci, ma la fatica vale la pena e dopo esser risaliti, potrete sempre consolarvi con un bel piatto di pasta con del pesce fresco!Ovviamente a La Maddalena si cucinano anche piatti tipici della tradizione sarda... insomma ogni fatica verrà doppiamente ripagata : luoghi mozzafiato e cucina da dimenticare ogni dieta a casa! Ci siamo limitati a menzionare solo qualcuna delle meraviglie di La Maddalena... resta a voi scoprirle! Buone Vacanze! Scorci paesaggistici Immagini tratte da:
foto dell'autore Per l'importanza che Dante Alighieri ha ricoperto nella formazione del bagaglio letterario e culturale d'Italia, la storia di Paolo e Francesca non è mai passata inosservata, non solo ai critici letterari, ma agli occhi di migliaia di studenti italiani che hanno appreso proprio sui banchi di scuola la presunta tragica fine dei due cognati presi dall'amore l'uno per l'altra. La storia dei due innamorati che si evince dal testo di Dante può grazie anche all'aiuto di numerosi letterati e storici essere completamente ricostruita. Se sull'identità dei personaggi della vicenda non resta quasi alcun dubbio, un alone di mistero ha avvolto il luogo in cui i fatti sono avvenuti. Dove si sono incontrati Paolo e Francesca? Qual è la stanza in cui il libro Galeotto ha spinto la giovane Francesca all'adulterio? Ed ancora, è nella stessa stanza che gli amanti sono stati uccisi dal fratello di Paolo e marito di lei? Seppure qualche dubbio miri a sottrarre la paternità dell'amore al castello-fortezza marchigiano, si può ormai esser certi che il Castello di Gradara sia stato il luogo dove storicamente si è verificata la vicenda letteraria narrata nella Divina Commedia e che, al pari della storia di Lancillotto e Ginevra o di Tristano ed Isotta, ha avuto una eco incredibile nel panorama della letteratura. Mentre le ultime due coppie di innamorati restano incastrate però nella leggenda, quella di Paolo e Francesca è una storia comune a quelle dell'epoca e soprattutto reale. Fig. 1 Paolo e Francesca, Dante Gabriel Rossetti, 1885. Fig.2 Borgo di Gradara Il castello di Gradara, grazie alla felice posizione in cui è sorta verso il XII secolo, è sempre stato teatro di scontri durante il Medioevo fra lo Stato Pontificio e le potenti casate marchigiane-romagnole. La fortuna ha consentito al castello di non essere mai abbandonato ma sempre reclamato, accudito, ampliato dai più famosi condottieri della storia italiana. Anche se il nucleo più antico è associato al nome della famiglia De Grifo, e prima ancora ai romani Demetri, Malatesta, da Montefeltro, Sforza di Pesaro e poi de Medici, sono solo alcuni nomi delle famiglie che si occuparono che questo castello non cedesse il passo al tempo e, stanco, divenisse nostalgici resti di una storia gloriosa. Proprio a una di queste famiglie apparteneva lo sposo di Francesca da Polenta, figlia del signore di Ravenna, che secondo lo spietato gioco di alleanze matrimoniali aveva dovuto acconsentire all'unione con il Malatesta Giovanni detto Giangiotto o “zoppo” nel 1275. Per gli impegni politici del marito, podestà di Pesaro, a cui non era concesso di portare la famiglia con sé, Francesca trascorreva le giornate sola in uno dei castelli più sicuri dell'epoca con le sue doppie mura e il fossato profondo. Fu sicuramente in una di queste giornate solitarie che i cognati si imbatterono in un libro che raccontava della storia di Lancillotto e Ginevra che consumarono la loro storia d'amore con l'aiuto di Galeotto, tradendo uno la fiducia del suo re e fedele amico e l'altra quella del marito. Il castello è inserito in un borgo di case e botteghe, dove oggi, come all'epoca, fioriscono botteghe artigianali e musei di ogni genere, compreso quello della tortura. Numerosi viottoli in salita conducono al castello che domina completamente il borgo. Fig.3 Particolare del borgo Dopo che il castello fu messo in vendita, a partire dal 1920 iniziò a ritornare ai suoi gloriosi fasti grazie all'opera di restauro dall'ingegner Umberto Zanvettori, che investì tutti i suoi beni per la buona riuscita del progetto. Il castello è costituito da numerose stanze, 14 delle quali sono visitabili, tutte ben tenute, con mobili e armature che richiamano a quelle dell'epoca e diverse opere d'arte come la pala di Santa Sofia di Giovanni Santi e una terracotta di Andrea della Robbia. Numerose le stanze con affreschi attribuiti al bolognese Amico Aspertini, come la sala del Consiglio e quella della Passione, fino ad arrivare alla stanza più suggestiva di tutto il castello, la camera da letto di Francesca, e quella in cui furono presumibilmente trafitti a fil di spada i due amanti. Le piccole osterie sono a conduzione familiare e assicurano ai visitatori dei piatti sani e gustosi a prova di tradizione. Il piatto tipico del luogo sono i Tagliolini con la Bomba, che prendono il nome curioso dallo sfrigolio dell'olio bollente prodotto a contatto con il brodo dei tagliolini. Figg. 4-5-6 Particolari del Castello, interno. Fig. 7 Tagliolini con la Bomba Inserito nella nuova provincia di Pesaro-Urbino, Gradara offre dei paesaggi mozzafiato soprattutto prima di raggiungere la rocca. Se volete visitare il castello tra i mesi di aprile e settembre, è consigliabile prenotare con largo anticipo o acquistare la priorità direttamente sul sito. Visitare il borgo è gratuito. Il costo di ingresso al castello è di 4 euro intero, 2 euro ridotto. Il castello e il borgo di Gradara vi affascineranno con i loro ulivi che lo circondano e che danno l'idea di come doveva essere l'ambiente a partire soprattutto dal XIV sec., all'apice del suo splendore. Fig. 8 Castello di sera
Una volta visitato il Castello e le sue stanze, riprenderete in mano il V Canto dell' Inferno e inizierete ad immaginare come i personaggi si muovessero all'interno e come, fra qualche sguardo e l'altro, l'amore dei due divampasse portandoli inesorabilmente alla morte. Immagini tratte da : 1 www.cuadrosyvinilos.com 2 www.magicicastelli.it 3 www.sentieriautore.it 4 www.riverflash.it 5 www.musei.marche.it 6 www.gradaraorg.it 7 www.gradarainnova.it 8 www.castellodigradara.org Incastonato nelle colline di Gardone Riviera, il complesso di edifici del Vittoriale degli Italiani si estende per circa nove ettari, dominando il lago con un fascino austero e stravagante. L'odierno nucleo principale del Monumento, una "vecchia villa piena di bei libri" appartenuta al dottor Thode aveva aperto i cancelli nel febbraio del 1921 alla figura del poeta-soldato Gabriele d'Annunzio. Quello che all'inizio doveva essere, però, un soggiorno di qualche settimana, si era rivelato per il vate l'esordio di un grande progetto, un inequivocabile manifesto del vivere inimitabile. Proprio in una lettera del 1921, indirizzata alla moglie Maria, scrive di aver trovato un luogo adatto alla licenza del Netturno ma quelle poche settimane che d'Annunzio aveva previsto di dedicare al suo lavoro, diverranno anni, gli ultimi fino alla fine dei suoi giorni. Supportato e costantemente accontentato dall' architetto Giancarlo Maroni, il Vittoriale venne inglobato in un ambizioso progetto realizzato a partire dal 1923, anno dell'incontro fra i due. La loro amicizia durò fino alla morte del poeta, colto da emorragia celebrale al suo scrittoio il primo marzo del 1938. Il complesso accoglie i visitatori all'ingresso monumentale formato da due archi con in mezzo una fontana: l'occhio del visitatore corre subito sul motto d'annunziano io ho quel che ho donato, frase che, secondo Seneca attraverso Rabirio, venne presumibilmente pronunciata da Marco Antonio prima di morire. Il motto è una confessione amorevole e nostalgica che invita il visitatore a sentirsi beneficiario di quel dono che garantirà fama sempiterna al poeta. Attraverso una leggera strada in salita, prima di arrivare alla Prioria, la casa-museo di d'Annunzio, incontriamo il Pilo del Piave sormontato da una Vittoria incatenata, mentre ad attirare la nostra attenzione è lo splendido teatro ispirato a quello di Pompei progettato da Maroni e ultimato solo nel 1953 e che è ancora sede di splendidi spettacoli all'aperto che vengono gestiti, come l'intero complesso, dalla Fondazione del Vittoriale degli Italiani. Alla fine della salita ci accoglie la cosiddetta Piazzetta Dalmata, sulla quale si affaccia la Prioria. La facciata presenta caratteristiche tipiche di palazzi comunali e si rivela in piccolo una collezione di stemmi di casate nobiliari i quali, scorrendoli uno ad uno con gli occhi, ripresentano la potenza politica e culturale italiana a partire dal Rinascimento. All'interno la casa-museo si divide in numerose stanze che prendono il nome da oggetti che vi si trovano o dalla funzione a cui erano destinate. La stanza del Mascheraio, dove venivano fatte accomodare persone che non erano particolarmente ben viste dal poeta (si dice che persino Mussolini lo attese in questa stanza per ore!) prende il nome dall'incisione intarsiata sopra lo specchio. Le stanze sono tutte collegate da porte e sono arredate in maniera differente. Della stanza della musica dove i soffitti sono ricoperti di tessuti in damasco nero con inserzioni in argento che raffigurano bestie feroci e che favoriscono l'acustica fanno parte due pianoforti, uno dei quali suonava l'amante di d'Annunzio, Luisa Baccara, e molti altri strumenti. La sala del Mappamondo contiene una quantità infinita di libri dei quali 6 mila d'arte appartenuti al critico tedesco ed ex proprietario della villa. Biblioteca da far morire di invidia persino Leopardi se pensiamo che il totale dei volumi catalogati si aggira intorno ai 33 mila. Essa prende, tuttavia, il nome dal grande mappamondo del Settecento al centro della stanza. Come il quadro che raffigura il poeta prediletto da d'Annunzio, Dante Alighieri, del quale si credeva discendente, anche la stanza del Monco rimanda ai motti di un altro genio italiano, Leonardo Da Vinci. La vita di d'Annunzio era scandita in quelle stanze che ancora oggi possiamo visitare. La stanza della musica, quella della lettura, del disbrigo della corrispondenza e la sala da pranzo in cui ospitava i suoi amici più cari e dove sul tavolo aveva posizionato una copia della sua amata tartaruga Cheli, con il carapace originale, morta per aver peccato di ingordigia. É nella stanza delle Reliquie che si assiste al sincretismo religioso: immagini di santi, statue di idoli orientali, ma anche oggetti appartenuti al poeta stesso o ai suoi amici; in particolare il volante spezzato del motoscafo di colui che perse la vita tentando di superare il record di velocità. Esso rappresenta una reliquia della sua venerata “religione del rischio”, il tentativo umano di superare i limiti imposti dalla natura. La stanza del Lebbroso era un luogo concepito per la meditazione. In fondo alla stanza, sotto il dipinto che raffigura un lebbroso con il volto di d'Annunzio che viene curato da San Francesco, il cosiddetto letto delle due età, ricorda allo stesso tempo una bara ed una culla. La stanza è molto buia e tetra, così come molte delle altre, perchè dopo un incidente aereo il poeta era quasi cieco da un occhio e non riusciva a sopportare la luce intensa. La visita all'interno della Prioria, nome che riprende la simbologia francescana che aleggia per tutto il Vittoriale e che identifica il poeta come il Priore, non dura più di un'ora ma meraviglia, stupisce e confonde il visitatore che si trova spiazzato davanti ad uno spettacolo pieno di rimandi religiosi, allegorici e metaforici. Una volta usciti, le meraviglie da annoverare non sono ancora terminate. I giardini scendono seguendo il corso di due ruscelli fino a confluire in una vasca chiamata laghetto delle Anse e che riprende la forma di un violino. Sormonta i giardini la prua della nave Puglia, donata dalla Marina Militare Italiana nel 1923, incastrata fra le rocce che sovrastano la Prioria e rivolta verso il mare Adriatico e la Dalmazia. A vegliare sull'enorme complesso monumentale, dall'alto, è il candido Mausoleo dove sono sepolti in arche equidistanti gli eroi che persero la vita a Fiume e quelli che furono più fedeli al vate. Dal 1953 anche l'architetto ed amico di d'Annunzio, Giancarlo Maroni, riposa all'interno del Mausoleo mentre le spoglie dell'eroe di Fiume sovrastano quelle dei suoi commilitoni, ancora una volta più in alto per sfidare il tempo, la memoria e la gloria che solo per colui che ha donato quel che ha avuto saranno eterni. Il Vittoriale degli Italiani potrebbe essere considerato non solo un luogo dell'anima del poeta che vi spese dal 1921 il resto della sua vita ma anche un album sulla storia d' Italia a cavallo fra le due guerre mondiali. Il sito è interamente un monumento e non c'è un singolo oggetto che non abbia un significato: ogni cosa è stata pensata e studiata al dettaglio. Se siete amanti dei palazzi storici, di storie bizzarre, di bagni pieni di oggetti (solo nel bagno blu ne sono stati catalogati dodici mila!), visitate il Vittoriale degli Italiani, non verrete sicuramente delusi. Per tutti quelli che, invece, vogliono emulare il vivere inimitabile di d'Annunzio... l'aggettivo “inimitabile” dice tutto, non correrei il rischio di dover fare i conti con le pulizie a fine settimana! Immagini tratte da:
foto dell'autore Brighton, su di un dirupo quadrato ma eroso, mi son scorto sulla punta del tuo naso senza avere nessuna paura di sprofondare, ma tenuto ben dritto verso la penisola che non c'era. Silenzio tutto intorno.Inframezzato dalle risate di coraggiosi bagnanti, dai gorgoglii nello smeraldo mentre il motore panoramico disegnava la prima alba. Ho incontrato lungo le orme del selciato una targa inimagginabile per il ritorno del passato non digerito, che recitava e percuoteva ancora il corpo frastagliato. Sassi hanno cominciato a saltellare tra le onde, uno, due, tre, un altro fiotto, mentre i tuoi occhi oceanici si bagnavano di verde, celeste, verde ancora. Cosi mi sono convinto di poter allungare la mano alla volta di Calais. I finestrini della macchina passavano tra gli attriti di un sole avventuroso, nell'estate prolettica al profumo del cappuccino versato dalle tazze enormi. Immagine tratta da:
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