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30/4/2017

Il Castello di Donnafugata

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di Lorenza Gerratana
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Sono pochi in Italia i castelli la cui storia è avvolta nel mistero. Morti dolorose, efferati omicidi e rapimenti da parte di uomini crudeli e potenti. Vi ricorda un po' la fiaba di Barbablù? State pensando al Don Rodrigo di turno o all'Innominato? Niente di tutto questo! Siamo in Sicilia, nell'immensa tenuta del Castello di Donnafugata, distante circa 20 km da Ragusa, dove gli studi sull'origine del nome e le fonti contrastanti hanno dato vita a una leggenda, quella della principessa Bianca di Navarra, vedova del re Martino I d'Aragona, rapita e segregata dal conte Bernardo Cabrera. La ricostruzione dal siciliano Ronnafugata (Donna fuggita) cozza, tuttavia, con un'altra che farebbe derivare il nome del Castello dall'arabo Ayn al-Ṣiḥḥat  (Fonte della salute).
Uno dei proprietari più famosi fu proprio Bernardo Cabrera che acquisì il castello dai Chiaramonte intorno al XV secolo. La sua figura era legata a spargimenti di sangue, rivalse e capricci tanto da costargli la stima di uomo senza scrupoli, assecondato per timore persino dai sovrani di Palermo. L'assetto attuale del Castello si deve, invece, a un uomo di grande cultura, di spiccato senso dell'umorismo e di sconfinati orizzonti. Nell' Ottocento, il Barone e Senatore del Regno Corrado Arezzo, fece ingrandire la struttura iniziale e abbellì ogni stanza, curandola nei minimi dettagli. Il Castello è raggiungibile sia in macchina che in treno, infatti il barone aveva ottenuto che il corso dei binari facesse tappa proprio davanti casa sua, a circa 400 m, per avere una fermata del tutto personale. La stradina che porta all'entrata è fiancheggiata da ambo i lati da una fila di porte e portoni dove vivevano i fattori del barone. La facciata del Castello, visibile anche dalla strada, è in stile neogotico veneziano.

2. La facciata neogotica del castello 3. Particolare della facciata

L'entrata, posta dopo un ampio cortile interno, si snoda in una scala in pietra pece con statue rinascimentali e chiunque attraversi l'ingresso, molto buio per il pavimento scuro, poi il cortile, dalle pareti molto chiare e che riflette la luce, producendo un effetto quasi abbacinante, e arrivi di fronte alla scalinata, anch'essa molto scura, vivrà una strana sensazione, mista alla sorpresa e al timore.

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Parte del cortile visto dall'interno
 Il Castello è diviso in due piani e possiede circa 120 stanze, ma solo una ventina del piano superiore, quello nobiliare, sono accessibili al pubblico. Mobili, lampadari, carte da parati e pavimenti, ma anche le suppellettili, sono tutti dell'epoca. Per volontà dello stesso Barone Arezzo, le stanze erano state pensate e arredate per assomigliare o per seguire, il gusto di altri Castelli famosi sia in Italia che all'estero. La Sala degli Specchi di Donnafugata, che noi chiameremo così per comodità, rassomiglia, anche se in proporzioni molto più piccole, a quella della Reggia di Versailles. Al Castello tutti i capricci sono supportati: per esempio, la Stanza dei Fumatori venne completamente tappezzata da carta parati a tema, con pipe e decorazioni similari.

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Sala dei fumatori
 Non diversa è la Stanza della Musica, dove sono presenti diversi pianoforti e le pareti raffigurano il Teatro Massimo di Palermo e l'Orto Botanico. Da questa stanza ha accesso la famosa camera da letto dove la leggenda vuole che fosse segregata la Principessa Bianca di Navarra, una piccola aula con pavimenti in pietra e decorazioni in pietra nera.

 6. Stanza della musica, particolari 7. Stanza di Bianca di Navarra

Meno sfarzose sono le stanze degli ospiti, tutte collegate fra loro ma direttamente comunicanti con cunicoli che la sola servitù attraversava. Quando si dice che tutti gli ospiti vengono trattati allo stesso mondo! Non proprio! La Stanza del vescovo, infatti, era una sorta di appartamento e venne pensata come una grande sala in rosso porpora con un tavolo ovale, una specchiera in stile Luigi XVI e molti mobili: sulla sala si affacciano due porte, una delle quali porta alla stanza della perpetua del vescovo, l'altra alla sua stanza personale, con carte da parati dipinte a mano e che raffigurano un merletto ricamato adagiato sul muro in modo naturale, così da creare un effetto ottico che lo faccia sembrare vero.

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Stanza del vescovo

 In molte stanze si trovano raffigurazioni del Castello al suo stato originario, quando cioè il Barone non aveva ancora apportato cambiamenti e migliorie, un chiaro motivo di vanto. Il Barone, oltre a essere un nobile fiero e di cultura, era famoso per gli svaghi che tanto amava e per la sua indole giocosa. Le pareti di una stanza del castello, detta la Stanza del Biliardo per la presenza di un tavolo da biliardo, erano state affrescate in modo da sembrare un gazebo con scorci sul mare e tutt'intorno erano stati disposti sedili sopraelevati per consentire agli ospiti di seguire meglio il gioco. La sala più grande, e sicuramente quella più suggestiva, è quella degli Stemmi, dove quattro pareti corrono lungo il perimetro della coloratissima sala raffigurando gli stemmi delle famiglie nobili di tutta la Sicilia. Da questa sala, attraverso una porta, si accede a un'antibiblioteca e poi alla biblioteca del nostro Barone, aperta al pubblico di recente e che vanta più di seimila volumi.
 

Sala degli Stemmi; La biblioteca

 Quando un visitatore termina il percorso all'interno del castello, pensa che le sorprese siano finite e che niente potrà eguagliare ciò che ha visto, ma si sbaglia! Il giardino del castello si estende per circa 2 ettari prima di perdersi nelle campagne e qui il Barone fece edificare, probabilmente a immagine di quello di Hampton Court a Londra, un labirinto al quale si accede da un piccolo ponticello. Anticamente le mura a secco erano coperte da roseti e questo rendeva ancora più difficile la vista dell'esterno. Il giardino è costellato da fontane e statue e su una collinetta, con grotte artificiali sottostanti, un gazebo bianco rinascimentale raffigura all'interno il firmamento. I passatempi al Castello non mancavano e il Barone era anche una persona di grande spirito. Aveva fatto installare dei manichini con meccanismi in grado di attivarsi al passaggio di qualche malcapitata che ne fuggiva terrorizzata alla vista. C'erano poi tombe finte con manichini di morti all'interno e anche sedili che spruzzavano acqua se qualcuno vi si sedeva sopra. La nostra visita virtuale termina qui ma il Castello di Donnafugata rappresenta molto di più, un piccolo mondo da scoprire, fatto di storia e quotidianità, di potere e cultura, un connubio perfetto di orgoglio nobiliare e leggerezza nel saper vivere legato alla figura di un uomo dalla vasta cultura e di grande spirito.
 

Particolari del giardino e della terrazza ; vista del Castello dal Labirinto
 

Immagini tratte da:
archivio autore

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Massachusetts Dogging link
2/12/2022 20:06:18

This was great to readd

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